Abbandono, parole perfette e social nel libro di Francesca Esposito
«Ho pensato a tre donne diverse, di tre età diverse, abbandonate davanti a una fabbrica spettrale - spiega l’autrice - ho pensato al loro abbandono, al loro vuoto e all’abbandono di una città, Milano, nella quale si muovono».

Misura le parole perché ne ha un infinito rispetto. La parola scritta diventa la sua essenza ed è per questo che la trasforma in letteratura.
Parole perfette in "Materiali resistenti" di Francesca Esposito
Francesca Marzia Esposito vive a Milano, dopo la laurea al Dams di Bologna, ha conseguito un master in Scrittura per il cinema all’Università Cattolica di Milano, insegna danza. Ha appena pubblicato «Materiali resistenti», una storia che racconta diverse forme di abbandono. «Ho pensato a tre donne diverse, di tre età diverse, abbandonate davanti a una fabbrica spettrale - spiega l’autrice - ho pensato al loro abbandono, al loro vuoto e all’abbandono di una città, Milano, nella quale si muovono. Non sono amiche ma sono collegate tra di loro. Una vicenda all’apparenza semplice e comune come quella di un amore che finisce, diventa la partenza di uno scavo interiore. Nello stesso tempo racconto quest’amore ai tempi dei social, dove che tu lo voglia o no, non puoi chiudere e dimenticare perché tutto e tutti sono visibili ed esposti e raggiungibili; puoi continuare a sapere e a controllare e a farti del male». Relazioni tra persone, oggetti, strade, luoghi, pensieri che si dipanano e si arrestano e si aggrovigliano, con uno sguardo critico e nello stesso tempo ironico nei confronti della terapia psicologica: «Volevo raccontare come la terapia non debba necessariamente funzionare per tutti - continua l’autrice - in quanto dipende dalla predisposizione, dal percorso individuale, dall’approccio». Dialoghi serrati che aggiungono narrazione, descrizioni poetiche, ossessioni che cambiano forma e spazio in un’analisi dell’umano, resistente o fragile come i materiali. La bellezza della scrittura è raggiunta.