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Calcio, il brutto vizio delle scommesse ha una lunga tradizione

Nel 1927 il terzino della Juventus Allemandi venne accusato di aver intascato 50 mila lire per perdere nel derby.

Calcio, il brutto vizio delle scommesse ha una lunga tradizione
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Le scommesse, nel calcio italiano, sono una costante silenziosa. Parte integrante di una cultura fatta di passione e vizi, di gloria e ombre. Dai tempi degli scambi di soldi arrotolati all’interno di un giornale alle piattaforme online, l’abitudine di calciatori e addetti ai lavori a puntare — legalmente o meno — ha generato scandali che costellano la storia del pallone nazionale come vere e proprie tappe di un romanzo criminale.
Il primo capitolo si apre nel 1927: Luigi Allemandi, terzino della Juventus, viene accusato di aver intascato 50.000 lire per perdere il derby contro il Torino. Il club granata, giudicato colpevole di corruzione, perde lo scudetto; Allemandi, squalificato a vita, si proclama innocente e denuncia un presunto insabbiamento volto a coprire un compagno più influente. È la prima inchiesta sportiva del calcio italiano.
Negli anni Cinquanta e Sessanta emerge la figura di Eugenio “Gegio” Gaggiotti, il Diabolik delle combine. Per vent’anni dirige un traffico illecito di scommesse e partite truccate. Si vanta dei suoi “capolavori”: promozioni e retrocessioni decise a tavolino, con 64 gare alterate certificate.
Ma è nel 1980 che l’Italia del pallone perde la sua innocenza. Il 23 marzo, durante una domenica di Serie A, le volanti della polizia entrano all’Olimpico: piove a dirotto, ma lo choc è ancora più forte. Arresti in diretta tv: Paolo Rossi, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia, Ricky Albertosi. I presidenti di Milan, Felice Colombo e Lazio, Umberto Lenzini, finiscono in manette. La centrale delle scommesse è a Roma, ed è gestita da Alvaro Trinca e Massimo Cruciani. L’accusa: truffa aggravata. Il processo sportivo è severo: Lazio e Milan retrocesse, penalizzate di 5 punti Avellino, Bologna e Perugia. Rossi si becca due anni, Albertosi quattro, Pellegrini addirittura sei.
Il “Totonero” torna nel 1986, stavolta con intercettazioni telefoniche e nomi eccellenti: il presidente del Perugia, Spartaco Ghini, quello dell’Udinese, Tito Corsi, dirigenti e procuratori. A Napoli si scopre la nuova base operativa. In totale, vengono coinvolte oltre 80 partite, 12 società, 62 tesserati. Il giudice sportivo chiede oltre 100 anni di squalifiche.
Nel 2000 tocca ad Atalanta-Pistoiese, Coppa Italia: troppe giocate sul risultato “1 primo tempo-X finale”. Tra gli imputati, anche Massimiliano Allegri. Dopo un anno, assoluzione per tutti. Ma il ciclone “Scommessopoli” esplode nel 2011. L’indagine “Last Bet” parte da Cremona e rivela un sistema internazionale di frodi. Coinvolti Doni, Mauri, Bettarini, Signori. Tra i nomi simbolo, il portiere Marco Paoloni, accusato persino di aver drogato i compagni con Minias per alterare le prestazioni. L’organizzazione criminale aveva base a Singapore e ramificazioni in tutta Europa.
Nel 2023 il copione si ripete. Nicolò Fagioli e Sandro Tonali finiscono sotto accusa e vengono condannati. Fagioli ammette un vizio d’azzardo diventato malattia: di aver contratto tre milioni di euro di debiti e di aver subito minacce fisiche. Sandro Tonali patteggia 10 mesi di squalifica ammettendo di aver scommesso anche su Milan e Brescia, le sue ex squadre. “Mai contro però” dichiara il calciatore ora al Newcastle. Fagioli ne sconta sette, entrambi sono dentro a un percorso terapeutico.
Due anni dopo, si torna a parlare di scommesse. Dodici i calciatori finiti nel mirino, ancora una volta per puntate su siti illegali. Se non emergeranno giocate sul calcio, non ci saranno squalifiche. Ma l’ombra resta. Perché in Italia, le scommesse sono il lato oscuro del gioco. Un vizio antico. Difficile da estirpare.

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