Bollette spesa e figli: la stangata per le famiglie è di quasi 1000 euro all'anno
Le famiglie con un reddito medio-basso fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese, e le diseguaglianze crescono.

Aumentano i costi di bollette e spesa per le famiglie, ma gli stipendi restano fermi al palo.
Bollette spesa e figli: la stangata di quasi 1000 euro a famiglia
Riempire il carrello della spesa per molti diventa sempre più difficile. E, oltre alla spesa per il cibo e per l’igiene personale, sulle spalle di ogni famiglia italiana gravano i costi della casa (con relative bollette di vario genere ed entità), quelli dei trasporti, quelli della scuola. E poi, naturalmente, c’è la solita inflazione arrivata all’1,5% e dunque raddoppiata rispetto allo 0,7% di settembre.
Sta di fatto che secondo il rapporto di Federconsumatori quest’anno una famiglia di quattro persone pagherà in media 168 euro in più per gas e luce; quasi 20 euro in più per l’acqua; 74 euro in più sui prodotti per la casa e 50 euro in più per gli artigiani. A ciò, come detto, vanno aggiunti i rincari dei generi alimentari, dell’abbigliamento, dei trasporti. Il risultato è una maxi stangata di 914 euro in più a famiglia. Tutto questo mentre le statistiche ci dicono che gli stipendi non salgono e anzi, in taluni casi, diminuiscono.
L'Italia secondo l'Ocse è il Paese dove i salari reali sono scesi di più
Lo attestano i dati Ocse, secondo cui l’Italia, tra le grandi economie, è il Paese in cui i salari reali sono scesi di più: erano già calati del 2,9% dal 1990 al 2020, ma hanno ulteriormente perso il 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021, anno in cui la crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell’energia ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto delle famiglie. Per non dire dell’impatto dell’inflazione che ha determinato un calo del 7,9% del potere d’acquisto rispetto alla fase pre Covid. Secondo il Global Wage Report, parametrando tutto al 2008, anno della crisi finanziaria che ha travolto il sistema bancario americano (e non solo), l’anno scorso i salari italiani risultavano più bassi del 12% in termini reali. Nel 1990 lo stipendio netto medio mensile di un operaio generico era di circa 1,1-1,2 milioni di vecchie lire, circa 500-600 euro; oggi, se va bene, si arriva a 1.300-1.400 euro, nettamente meno del triplo. Solo che nel 1990 una tazzina di caffè la pagavi 700 lire (0,36 euro) e oggi 1,30 euro, cinque volte tanto; un chilo di pane ti costava 1.500 lire (0,77 euro) e oggi circa 4 euro; e avanti di questo passo.
Occhio ai prezzi, alla qualità, al risparmio e… alle rinunce
La situazione va sempre più peggiorando e gli italiani sono diventati molto più attenti alla qualità e ai prezzi, sempre in un’ottica di risparmio. Un’indagine dell’app “DoveConviene” ha rilevato che le ricerche di prodotti in promozione l’anno scorso sono cresciute del 123% rispetto al 2023. Per il settore farmaceutico, la ricerca delle promozioni è addirittura risultata in crescita del 248% (+173% per il settore del beauty e +131% per il food & beverage). Ma a volte purtroppo non basta. E se molte famiglie hanno rinunciato persino a curarsi per i costi esagerati di visite ed esami, così molte famiglie da tempo stanno rinunciando a determinati prodotti alimentari. L’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, oltre a rilevare anch’esso una ricerca sempre più assidua di offerte, sconti e acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 49% dei cittadini), da tempo segnala anche una progressiva riduzione del consumo di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati) e un aumento degli acquisti presso i discount (+11,9%).
I maggiori rincari sugli alimenti fondamentali nella nostra dieta
Per di più bisogna considerare che a subire i maggiori incrementi di prezzo sono stati proprio alimenti fondamentali per la nostra dieta, come pane e olio, fette biscottate e riso, farina e tonno in scatola (anche se a volte ce ne rendiamo meno conto per la riduzione dei formati delle confezioni…). Solo per fare qualche esempio, secondo Federconsumatori, in dieci anni, tra il 2014 e il 2024, il prezzo di un chilo di pasta è cresciuto dell’84% (da 1,55 euro a 2,85 euro), quello di un litro d’olio extra vergine dell’81% (da 6,64 euro a 11,99 euro) e il costo di una confezione di fette biscottate del 64% (da 1,70 euro a 2,79 euro).
La conseguenza è evidente a tutti: le famiglie con un reddito medio-basso fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese e le diseguaglianze crescono.