Il personaggio

“Vi svelo i segreti del tartufo”: l’intervista al trifolaio cuneese Ezio Costa

«Avevo 14 anni, era l’11 novembre, san Martino. Mio padre era nel borgo per la festa e io ero a casa da solo. Avevo 14 anni. Ho preso il cane e sono uscito: ho trovato un tartufo da 300 grammi. Da lì non ho più smesso. La nostra era una famiglia di contadini e i tartufi un bel aiuto al nostro reddito».

“Vi svelo i segreti del tartufo”: l’intervista al trifolaio cuneese Ezio Costa

Passione ed emozione. Sono queste le due parole che ricorrono nella narrazione di Ezio Costa, nato a Bossolasco (Cuneo) nel 1947, cercatore di tartufi, genero di Cupa Vivalda (chiamato anche il mago dei trifolai). Parole chiave anche dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, con sede ad Alba, che promuove il prodotto e le memorie.

Come ha iniziato?

«Avevo 14 anni, era l’11 novembre, san Martino. Mio padre era nel borgo per la festa e io ero a casa da solo. Avevo 14 anni. Ho preso il cane e sono uscito: ho trovato un tartufo da 300 grammi. Da lì non ho più smesso. La nostra era una famiglia di contadini e i tartufi un bel aiuto al nostro reddito».

Il cercatore è un mestiere?

«La stagione dei tartufi dura solo tre mesi quindi non può essere un lavoro che permette di mantenersi. E’ un qualcosa in più ed è anche per questo che la cerca avviene di notte: di giorno si deve fare “l’altro lavoro”. Io ho sempre aiutato i miei in campagna e poi sono stato dipendente comunale fino alla pensione. Le 36 ore alla settimana mi permettevano di avere tempo a disposizione per i tartufi».

Cosa occorre per la cerca?

«Tanta passione e il cane. Il cane è l’amico più fedele e si instaura un rapporto particolare. Io ho Dora e Titti, due per far fronte a ogni imprevisto possibile e tenerle in salute. Se non le vado a prendere al mattino per andare nei boschi, mi svegliano abbaiando».

Come si addestra un cane da tartufo?

«Quando ha sei mesi si inizia a far sentire il profumo del tartufo, poi si gioca a nasconderlo e il cane lo cerca per sé ma poi gli dai un premio se te lo porta e così comincia a cercare per il padrone e non dimentica più questa dinamica. Non c’è una razza particolare più brava dell’altra; I cani sono intelligenti. Importante è sceglierne uno a cui piaccia l’odore del tartufo: se farà la cerca per forza, sarà un cane mediocre; se la fa volentieri diventerà un campione. Ci vogliono almeno due anni affinché un cane sia pronto. Nei boschi c’è molta concorrenza: non è facile».

E l’essere umano come si prepara?

«E’ inspiegabile come ci si addentri in questo mondo. Credo sia qualcosa di innato. Una passione così forte da chiamarti. Mia moglie mi ripete sempre “se dovessi alzarti a quell’ora per andare altrove, non lo faresti” ma anche lei ha il tesserino da cercatrice ed è figlia di un pioniere tra i cercatori. Qui da noi quasi tutte le case hanno un cane e un cercatore. Se inizi, non smetti. Io ho già tramandato “il mestiere” a mio figlio e mio genero; i miei due nipoti maschi, adolescenti, hanno già un proprio cane. Ogni cercatore deve avere i permessi, superare una sorta di esame, un colloquio, per ottenere il tesserino, capire il bosco, il sottobosco, ripristinare le buche che vengono scavate».

Cosa significa cercare?

«E’ una sorta di caccia al tesoro e tutte le volte che il cane inizia a raspare si prova un’emozione sempre nuova. Non sai cosa troverà, non sai se il tartufo peserà 10 grammi o 100 grammi. E poi vi è il rapporto con la natura, con i boschi: una vera passione».

La stanchezza si sente?

«Quando giri per tre-quattro ore e non torvi nulla, viene la tentazione di tornare a casa a dormire, ma tanto non dormiresti lo stesso. Il mondo del tartufo è un mistero ed è capace di sorprendere. la stanchezza, quindi, anche quando c’è, si fa finta di non sentirla».

Il suo record?

«Almeno uno nella vita ti capita. A me è accaduto nel 2004: il tartufo pesava 1 chilo e 30 grammi».

Ama anche mangiarli i tartufi?

«Quasi tutte le domeniche c’è qualcosa per noi. Il piatto che preferisco è la fonduta di formaggio con l’uovo in camicia e il tartufo. Il formaggio che si scioglie esalta il profumo del tartufo: una vera bontà».

Come approcciano i giovani questo mondo?

«Spesso sono un po’ improvvisati e danno spazio più ai social, all’immagine, alle foto e ai video dove mostrano i loro “trofei”, spesso insieme ai luoghi dove li hanno trovati. Così si rovina la magia della ricerca ma non solo. Il mondo del tartufo è segreto, riservato, non ci si confida, non si indicano i posti: se li mostri avrai un concorrente in più la volta successiva. Ci sono posti che nemmeno mio padre e mio suocero mi hanno indicato proprio per la filosofia del cercatore. E poi, occorre prestare attenzione alla natura: se la maltratti non torvi più tartufi. Questo è un mondo bello e noi siamo fortunati. E’ necessario però proteggerlo».

Le istituzioni aiutano?

«Regione e Provincia sono attenti e si stanno sviluppando gli studi per micorizzare le piante. Noi abbiamo trovato i boschi a tradizione tarturifera e non bisogna perderla: occorre continuare a mettere a dimora nuove piante e questo viene fatto dai singoli. Io provvedo tutti gli anni con almeno un centinaio di alberi, perché penso al futuro, penso non tanto a me quanto ai miei nipoti».

Se dovesse definire la cerca del tartufo in tre parole?

«Amore, emozione, vita».

E un cercatore in una?

«Ogni trifolaio è una storia».