Indagine

Spesa media mensile, secondo l’Istat le famiglie lombarde spendono oltre 3mila euro

Il Piemonte e la Liguria invece si attestano sotto la media nazionale.

Spesa media mensile, secondo l’Istat le famiglie lombarde spendono oltre 3mila euro

Secondo un’indagine dell’Istat le famiglie lombarde spendono oltre 3mila euro al mese. Piemonte e Liguria si fermano sotto la media nazionale.

Spesa media mensile delle famiglie, peggio della Lombardia solo il Trentino Alto Adige

Ma qual è la spesa media mensile di una famiglia italiana? Nel 2023 (ultimo dato disponibile) è stata di 2.738 euro: parola dell’Istat. “Media”, però: perché nel 50% della parte più bassa delle famiglie italiane non si è speso più di 2.243 euro al mese. Per quanto riguarda le nostre regioni, la Lombardia è al top, dietro solo al Trentino Alto Adige, con una spesa media mensile di 3.189 euro, mentre la Liguria e il Piemonte si fermano rispettivamente a 2.682 e 2.619 euro, entrambi sotto la media nazionale.

L’aumento non ha determinato modifiche sul tenore di vita

Comunque, l’Istat ha rilevato che si tratta del 4,3% in più rispetto all’anno prima, così come ha sottolineato che tale incremento non ha determinato un aumento del tenore di vita a causa dell’inflazione elevata.  Ma le famiglie italiane come hanno fronteggiato il forte aumento dei prezzi che ha caratterizzato il 2023? Risparmiando meno o attingendo ai risparmi, ma anche modificando le proprie abitudini di consumo. La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata, infatti, del 6,3%, in calo rispetto al 2022 (7,8%) e molto al di sotto del livello pre-Covid (8% nel 2019). Inoltre, analogamente a quanto già osservato nell’anno precedente, anche nel 2023 le famiglie hanno modificato le proprie scelte di acquisto, in particolare nel comparto alimentare: il 31,5% delle famiglie intervistate nel 2023 ha dichiarato, infatti, di aver provato a limitare, rispetto a un anno prima, la quantità e/o la qualità del cibo acquistato. Più in dettaglio, nel 2023, a fronte di un forte incremento dei prezzi di alimentari e bevande analcoliche (+10,2% la variazione su base annua dell’IPCA), le spese delle famiglie per l’acquisto di questi prodotti sono cresciute del 9,2% rispetto all’anno precedente (526 euro mensili, pari al 19,2% della spesa totale).

Cambiano le abitudini

Si nota come le famiglie italiane stiano cambiando le proprie abitudini di consumo e il cambiamento assume fattezze diverse a seconda della voce di spesa considerata. Nel 2023 le famiglie sembrano essersi ormai adattate alle sfide dell’inflazione, in particolare per i beni alimentari: così, aumenta la quota di chi dichiara di aver limitato in quantità e/o qualità, rispetto a un anno prima, la spesa per cibi (dal 29,5% al 31,5%) e bevande (dal 33,3% al 35,0%). Come nel 2022, anche nel 2023 la voce di spesa che le famiglie dichiarano di aver limitato maggiormente è quella per abbigliamento e calzature: tra quante già sostenevano questo esborso un anno prima, la percentuale di chi ha provato a ridurlo è del 48,6%, comunque in lieve diminuzione rispetto al 2022 (era il 50,2%).

I divari territoriali

Nel 2023 l’incremento delle spese delle famiglie in termini correnti è diffuso su tutto il territorio nazionale, ed è particolarmente intenso nel Centro (+6,0%) e nelle Isole (+5,7%), mentre il Nord-est (+4,4%) si mantiene sostanzialmente in linea con il dato nazionale. Al di sotto si collocano invece il Sud e il Nordovest (rispettivamente +4,0% e +2,7%). I livelli di spesa più elevati, e superiori alla media nazionale, continuano a registrarsi nel Nord-ovest (2.979 euro), nel Nord-est (2.969 euro) e nel Centro (2.964 euro), mentre sono più bassi (e inferiori alla media nazionale) nelle Isole (2.321 euro) e nel Sud (2.203 euro). Nel 2023, nel Nord-ovest si spendono in media circa 776 euro in più del Sud (e cioè il 35,2% in più, era il 36,9% nel 2022), mentre rispetto alle Isole il vantaggio del Nord-ovest in valori assoluti è di 658 euro (pari al 28,4% in più, l’anno precedente era il 32,0%). Rispetto al 2022, dunque, si assiste a una lieve riduzione delle differenze relative nei livelli di spesa fra il Nord-ovest e il Mezzogiorno.