Case di comunità, ancora non ci siamo. I dati dei primi sei mesi del 2025, contenuti nel rapporto Agenas (l’Agenzia per i servizi sanitari regionali), confermano uno scenario che poco si discosta da quello della fine del 2024: l’avanzamento dei lavori è lento, ma ancora di più l’attivazione dei servizi all’interno delle strutture. Eppure la data prevista per il raggiungimento del target finale, stabilito dal Pnrr, è fissata al 30 giugno 2026.
Le Case di comunità attive in Italia sono solo un terzo di quelle programmate
Al 30 giugno 2025, quindi, le Case di comunità attive in Italia sono 660 (erano 485 a fine 2024) e quindi un terzo circa delle 1.723 programmate dalle Regioni e soltanto 46 forniscono tutti i servizi sanitari che dovrebbero erogare per legge ai cittadini. La Lombardia ne ha realizzate 142 su 204 con però 12 complete di tutti i servizi (e si tratta di uno dei numeri più alti in Italia), il Piemonte 31 su 96 ma con una unica che fornisce i servizi completi e la Liguria 16 Case di comunità realizzate su 33 e solo 2 hanno tutti i servizi attivi.
Già questi numeri non rassicurano ma a peggiorare il quadro è l’assenza di personale medico e infermieristico. A livello nazionale solo in 172 di queste strutture su 660, è una presenza di almeno un medico nell’arco delle 12 ore di apertura (24 ore in quelle più grandi) pronto a visitare i pazienti e solo in 162 c’è un ambulatorio infermieristico nello stesso range orario per fare medicazioni o altri interventi al bisogno.
La posizione dell’ordine dei medici del Piemonte
D’altra parte, sulla carenza di personale nelle strutture territoriali (attive o da realizzare) ha preso posizione anche l’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri del Piemonte con il presidente Federico D’Andrea: «Non vi è mancanza di medici in assoluto, ma vi è una loro bassa propensione a lavorare nel Servizio sanitario nazionale. Il che comporta lunghe liste d’attesa e, per quel che riguarda i medici di medicina generale, il fatto che alcune zone restino scoperte – afferma – Riteniamo che, per quel che concerne i rapporti ospedale-territorio, vadano valorizzati diversi assetti territoriali e le reciproche interdipendenze tra aggregazione funzionali territoriali di medici, Case della Comunità e Distretto, valorizzando i professionisti che lavorano presso presidi periferici e prevedendo la presenza di specializzandi anche in tali sedi. Su altre situazioni, le nostre idee sono ben note e a livello nazionale da tempo le facciamo valere: deburocratizzazione del lavoro medico, prevedendo figure professionali che si occupino di tali problemi; adeguamento dei compensi alle retribuzioni offerte all’estero o nel privato; aumento del numero dei posti letto ospedalieri che appaiono attualmente troppo limitati per le esigenze della popolazione che invecchia, rendendoli simili a quelli presenti nei paragonabili paesi europei».
Per quanto riguarda gli Ospedali di comunità, 153 sono attivi su un totale di 592 strutture previste, circa il 25% del totale: in Lombardia ce ne sono 26 sui 64 previsti, in Liguria 2 su 11, in Piemonte 1 su 30.
Sono invece 638 le Centrali operative territoriali (Cot) attive e pienamente funzionanti rispetto alle 651 programmate, di queste 480 hanno raggiunto il target di rilevanza comunitaria rendicontato dal Ministero della salute alla Commissione Europea.