Risiko bancario e geografia del credito in Italia: l'intervista con il prof. Carlo Secchi
L'economista Carlo Secchi, già Magnifico Rettore dell'Università Bocconi dal 2000 al 2004.

Siamo nel pieno del risiko bancario. Banco BPM ha lanciato un’Opa su Anima per rafforzare la sua posizione nel Belpaese dietro Intesa e Unicredit. Quest’ultima è impegnata su due fronti nel tentativo di assumere una dimensione europea di grande rilievo: l’istituto guidato dall’Ad Andrea Orcel, infatti, vuole acquisire Commerzbank di cui già detiene il 21% e contemporaneamente ha messo gli occhi su Banco BPM. Monte Paschi Siena, superate le difficoltà che avevano messo in dubbio la sua stessa sopravvivenza, tornata a presentare bilanci in utile e a distribuire dividendi ai suoi azionisti, vuole creare un campione rilevando Mediobanca. Dulcis in fundo, BPER punta sulla Popolare di Sondrio. La geografia del credito in Italia sta cambiando volto e abbiamo parlato di questo delicatissimo tema con il professor Carlo Secchi, Magnifico Rettore della Bocconi dal 2000 al 2004, vice presidente di ISPI e membro di molte altre istituzioni prestigiose, noto e apprezzato economista, già parlamentare italiano ed europeo, che conosce molto bene il mondo bancario.
Prof Secchi, si aspettava tutte queste operazioni destinate a rivoluzionare il mondo del credito?
«Sì, ma tutte così insieme è quasi sorprendente. Negli ultimi anni ci sono stati importanti processi di aggregazione stimolati da esigenze di mercato, di razionalizzazione, di efficientamento del comparto, anche attraverso la riforma delle banche popolari. Uno degli esempi più virtuosi è stata la nascita di Intesa San Paolo, nata dall’acquisizione del disastrato Banco Ambrosiano, passata dall’aggregazione di diverse realtà importanti come la Cariplo - da cui è iniziata la nuova banca - e la Comit, la fusione strategica con il San Paolo di Torino e poi facendosi carico delle difficoltà avvenute nelle banche venete. Era lecito attendersi altre operazioni, anche perché il sistema bancario italiano manifesta ancora una maggiore frammentazione rispetto ad altri Paesi europei».
Come cambierà il settore del credito e della finanza una volta concluse queste operazioni?
«È già cambiato. Una volta c’era una sorta di regola di “buon vicinato”, mentre oggi c’è più “spregiudicatezza” nel perseguire gli obiettivi delle singole banche che sono appunto quelle di crescita, efficientamento e razionalizzazione e che spesso significa meno sportelli e meno addetti. Poi ci sarà da riflettere sul tema della desertificazione bancaria in alcune aree, tanto che già ora si chiede a Poste Italiane di intervenire».
Sarà un bene per la nostra economia? E sarà un bene per le nostre imprese che dipendono ancora molto dal credito bancario, mentre in altri Paesi l’accesso al credito arriva anche da altre forme, a partire dal private equity?
«Il sistema sarà certamente più efficiente per il cliente, raggiungerà un equilibrio più solido; ma faranno bene le Autorità di vigilanza a stringere le regole e controllare affinché vengano rispettate per evitare gli errori del passato. Quella del credito è un’attività delicata e non può essere svolta solo attraverso i sistemi automatizzati. Ci sono alcuni aspetti - dalla gestione del risparmio, al credito per le famiglie e le imprese - che necessitano un’interlocuzione di persona e che non possono essere demandati in toto all’online. Poi un’economia come quella italiana, basata prevalentemente sulle Pmi, deve essere aiutata nell’accesso al credito anche con altre forme».
Veniamo alla partita più importante, cioè alle ambizioni di Unicredit che, detenendo già una quota del 21%, vuole conquistare Commerzbank.
«Unicredit, per le sue dimensioni nazionali, ha ambizioni europee. I tedeschi hanno espresso preoccupazioni per la possibile perdita di controllo nazionale, anche per le difficoltà economiche che stanno attraversando, ma la decisione sarà degli azionisti. Questi sono processi mondiali, europei e italiani legati a forme di complementarietà, ricerca di economie ed efficienza. Non capisco perché non si parli di MES, indispensabile per dare vita a una vera unione bancaria. Il Meccanismo europeo di stabilità - approvato da tutti tranne che incomprensibilmente dall’Italia - potrebbe essere di aiuto agli stessi Stati evitando che i Governi nazionali siano costretti a mettere mano al portafoglio in caso di crisi creditizia».
La banca guidata da Andrea Ocel ha pure lanciato un’Ops totalitaria su BPM, tutta in azioni del valore di 10,1 miliardi. Qual è la ratio?
«C’è la volontà di crescere, di fare sinergie, di efficientare e creare un campione ancora più forte».
L’istituto guidato da Giuseppe Castagna, però, è impegnato nell’Opa su Anima e proprio in questi giorni ha aumentando l’offerta a 7 euro per azione. Cosa ne pensa?
«Anche qui siamo nella logica della concentrazione, dell’efficientamento e della volontà di pesare di più all’interno della macchina che fabbrica prodotti finanziari».
Intanto Monte Paschi Siena ha presentato un’Ops di scambio totalitaria su Mediobanca del valore di 13,3 miliardi. Perché?
«Mediobanca è una realtà che si occupa di grandi operazioni, specializzata nella consulenza finanziaria e fatico a capirne le sinergie, tra l’altro con una banca più piccola, e quale campione potrebbe nascere».
Dulcis in fundo BPER ha annunciato un’Ops di scambio nei confronti della Popolare di Sondrio valutando l’istituto valtellinese 4,3 milioni.
«Sono due realtà territoriali diverse, ma sinergiche e che si integrano bene. Era una mossa attesa. La Sondrio fa gola, rappresenta una banca molto radicata sul territorio, capace di creare reddito. È un po’ “vittima” del suo successo e con un azionariato così diffuso inevitabilmente soggetta a ipotesi di aggregazione».
Insomma è la fine della banche di piccola e medio taglia, radicata sul territorio e molto attenta alla sua comunità.
«No. Ci sono ancora le BCC, Banche di Credito cooperativo che hanno saputo aggregarsi creando due gruppi di un certo peso»