Odio via social la Lombardia è in testa alle classifiche nazionali
Avanza dunque l’odio contro le donne: sul totale delle persone colpite da hate speech, le donne sono la metà, restano la categoria più odiata.

La Lombardia in testa alle classifiche nazionali nell'ottava edizione della mappa di Vox-Osservatorio italiano sui diritti, che registra i livelli di odio via social.
Odio via social la Lombardia guida le classifiche nazionali
Anche nel Nordovest è emergenza social media. L’allarme è certificato dall’ottava edizione della Mappa voluta da Vox – Osservatorio Italiano sui diritti, che registra l’odio via social. Il triste primato delle nostre regioni (e in particolare per la Lombardia) rispetto alla mappatura nazionale emerge dalla geolocalizzazione dei tweet contenenti parole considerate sensibili e di conseguenza identifica le zone dove l’intolleranza è più diffusa. Sono sei le categorie considerate: misoginia, antisemitismo, islamofobia, xenofobia, abilismo, omotransfobia. Uno scenario che non rileva cambiamenti rispetto alle edizioni precedenti dove sempre la Lombardia otteneva il gradino più alto del podio in cinque categorie su sei. Dall’1 gennaio al 30 novembre 2024 i tweet rilevati sono stati 1.980.712 di cui 1.126.278 negativi pari al 57%. Il 92,38% degli autori sono account individuali; il 31,7% degli odiatori sono uomini.
Le categorie
Avanza dunque l’odio contro le donne: sul totale delle persone colpite da hate speech, le donne sono la metà, restano la categoria più odiata. Anche, parrebbe, dalle stesse donne. A funzionare da detonatore, in questo caso, sono i femminicidi e le emergenze politiche. Da evidenziare come lo hate speech prenda di mira soprattutto il corpo delle donne, segnando quindi un’inversione rispetto all’ultima rilevazione, quando a essere maggiormente colpita era la professionalità femminile. Irrompe l’odio antisemita, che passa dal 6,59% di due anni fa al 27% attuale e avanzano anche xenofobia e islamofobia, a ricordare che la società in cui viviamo è attraversata da forti pulsioni di rigetto del cosiddetto “straniero”, portatore di storia, cultura, usanze diverse e considerate perciò minacciose. E ancora: il 79,86% dei contenuti sui temi legati all’abilismo è contenuto di odio e venato di stereotipi e quindi l’uso del linguaggio offensivo contro le persone con disabilità si è andato via via allargando.
«La Mappa dell’Intolleranza è soprattutto un progetto di prevenzione - spiegano i realizzatori - pensato per amministrazioni locali, scuole, associazioni che lavorano sul territorio. Per chiunque abbia bisogno di strumenti adeguati e mezzi di interpretazione di realtà sempre meno codificabili, per combattere l’odio e l’intolleranza. Per chiunque pensi che tutti noi abbiamo bisogno di nutrire la cultura del dialogo».
La mappatura
La piattaforma X permette di rilevare la geolocalizzazione precisa solo per gli utenti che acconsentono a trasmettere questo dato e per questo i tweet analizzati per regioni e città, contenenti hate speech, sono stati 33.405. Quali i risultati nello specifico? La Lombardia ha il più alto tasso di hate speech, pari al 22,78% (seguita dal Lazio che registra un 20,81%) con Milano che a pari con Roma (19,53%) ha i contenuti peggiori mentre Torino si ferma al 4,54%. Per misoginia “vince” Milano con un 20,55% di odio (Torino è al 5,13%) così come è prima per islamofobia (19,50%) e abilismo (23,58%). Milano è seconda per antisemitismo con il 15,46% (Torino è al 3.64%) e per omotransfobia (18,95% contro il 5,78% di Torino che è terza).
La riflessione
«Le scienze del comportamento e la psicologia indicano due fattori alla base di pregiudizi e discriminazioni: la scarsa conoscenza dell’altro e la necessità di sentirsi parte di un gruppo come fonte di identità e di sicurezza. Ciò avviene specialmente se le situazioni di vita sono incerte e non c’è senso del futuro. I dati raccolti dalla Mappa sembrano confermare questi due processi. La stragrande maggioranza dei tweet mostra un odio generico verso i bersagli e una loro scarsa conoscenza. I tweet sono poi nella quasi totalità risposte ad altri tweet e condivisioni, mostrando così la necessità, per gli autori, di appartenere a gruppi di persone con valori condivisi e che si autosostengono» riflette Silvia Brena, giornalista e scrittrice, cofondatrice di Vox.
Conoscere, dunque, gli oggetti dell’odio è la terapia migliore, così come sensibilizzare e formare fin dalle scuole. «E poi gli haters vanno fermati e denunciati - continua Brena - Bene fa la senatrice Segre e chi, come lei, trascina i suoi persecutori davanti al giudice. E poi occorrono narrazioni alternative, occorre riscoprire il valore della cultura. Contro le parole dell’odio, affidiamoci al potere curativo delle parole che abbracciano, che leniscono, che uniscono».