Curiosità

Non tutti sanno che.... il corno da caccia è patrimonio culturale Unesco

In Italia sono conservati solo 13 corni realizzati tra il Seicento e il Settecento, dopo le fusioni avvenute nel secondo conflitto mondiale.

Non tutti sanno che.... il corno da caccia è patrimonio culturale Unesco
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Il corno da caccia è patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco dal 2020, e ha delle giornate internazionali dedicate a Torino.

Il corno da caccia celebrato a Torino e Stupinigi

«Cerimoniale e Divertissement» è stato il tema delle Giornate Internazionali del Corno da Caccia. Un successo per i concerti alla Palazzina di Caccia di Stupinigi e a Palazzo Carignano a Torino. Momenti di musica che permettono di ricordare i motivi più profondi di una tradizione che si conserva e si tramanda. Il corno da caccia è stato infatti inserito nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco nel 2020, grazie a una candidatura internazionale che ha coinvolto Francia, Italia, Belgio e Lussemburgo. Per l’Italia, i partner ufficiali sono: Regione Piemonte, Città di Venaria Reale, Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, Città di Nichelino, Palazzina di Caccia di Stupinigi/Fondazione Ordine Mauriziano e Liceo classico musicale Cavour di Torino.

Il lavoro dell'Accademia di Sant'Uberto

La promozione e il recupero di questa antica arte in Italia è opera dell’Accademia di Sant’Uberto, fondata nel 1996 da un gruppo di persone con diverse competenze, già attivo ai primi anni ’90 per il recupero e la promozione della Reggia di Venaria, all’epoca ancora in stato di degrado. Nell’ipotesi di un recupero, l’obiettivo era quello di salvaguardare l’identità storica della residenza, legata al loisir di corte, al tema ludico, per mettere a fuoco la civiltà delle corti d’Europa sotto diverse prospettive: musica, esercizi del corpo, feste, cerimonie. In questo quadro, il corno da caccia era l’elemento rappresentativo del loisir di corte all’epoca più importante, la Venatio Regia, la caccia Reale. Non era un semplice svago o divertimento, ma serviva all’educazione del principe alla difesa del suo territorio, insieme ai giovani aristocratici che ne avrebbero seguito le sorti, in pace e in guerra, e per comunicare la magnificenza attraverso il complesso cerimoniale venatorio. Il corno da caccia divenne quindi, per l’Accademia di Sant’Uberto, emblematico del valore del tema ludico di corte in tutti i suoi diversi aspetti. Da allora il tema è stato sviluppato in diversi modi: musica del corno da caccia e barocca, studi, ricerche, pubblicazioni e mostre sul tema ludico.

La proposta di valorizzazione con la candidatura Unesco del corno da caccia

Nel corso dell’iter di candidatura Unesco del corno da caccia, la presa di coscienza del valore del patrimonio immateriale ha sviluppato un diverso modo di collaborare con i siti Unesco, con le Residenze, beni “materiali”. Non può essere Unesco un patrimonio immateriale che non sia vivente, ossia legato a una comunità di praticanti che nel corso del tempo, spesso di secoli, ha creato la sua arte, l’ha modificata e sviluppata fino ai nostri giorni, diversa, ma sempre viva e aperta al futuro, con i giovani. Questo aspetto ha incoraggiato una proposta di valorizzazione del patrimonio in generale, rispettosa del passato, ma attenta alla pratica di oggi. Il patrimonio immateriale, vivente, ben si presta a rivitalizzare siti Unesco, a mettere in luce pratiche esercitate da chi ci viveva, creando un ponte tra passato e presente, mantenendo vivo l’interesse e la curiosità di conoscere. Le antiche fanfare di caccia della corte di Luigi XV oggi si suonano sempre con un corno naturale, ma con tecniche diverse; l’antico gioco della pallacorda, gioco educativo per destrezza, tuttora praticato, è diverso dal suo erede, il tennis di oggi, ma la visione viva e d’insieme di una attività contribuisce a superare le barriere del tempo e a ritrovare l’emozione di un nuovo percorso di visita.

E' stato pubblicato un volume sul tema

Questo impegno culturale e di comunicazione ha portato alla recente pubblicazione del volume «Il corno da caccia. Musica a corte tra Piemonte ed Europa» (Secc. XVI – XIX), a cura di Renato Meucci, che raccoglie i contributi di 15 esperti da 8 Paesi diversi. E’ stato peraltro ritrovato un prezioso corno da caccia sabaudo della seconda metà del ‘700, che certamente avrà suonato a Stupinigi, e ne sono state realizzate due copie, anche per l’impiego nei concerti barocchi e la formazione di giovani musicisti nei corsi tenuti dall’Accademia alla Reggia di Venaria. In Italia sono conservati solo 13 corni realizzati tra il Seicento e il Settecento, dopo le fusioni avvenute nel secondo conflitto mondiale.

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