Lo studio

Nel Nordovest le famiglie spendono molto di più che nel resto d’Italia

E' la città di Milano a guidare la classifica dei consumi, con la bellezza di quasi 31mila euro spesi pro-capite nel 2023.

Nel Nordovest le famiglie spendono molto di più che nel resto d’Italia

Un’analisi del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne-Unioncamere sui consumi nel Paese svela come le famiglie nel Nordovest spendano molto di più rispetto alla media nazionale.

Le famiglie nel Nordovest spendono molto di più che nel resto del Paese

Nel Nordovest si concentra poco meno di un terzo del totale dei consumi delle famiglie italiane, con il record della regione Lombardia che ha, da sola, il 20% di quanto viene consumato in tutta Italia. È quanto emerge da un’analisi del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne-Unioncamere che fornisce per la prima volta una stima in Italia dei consumi delle famiglie a livello provinciale, analizzando anche la composizione tra alimentari e non alimentari nel 2023. E proprio a livello provinciale si registra un altro primato tutto lombardo: è infatti la città di Milano a guidare la classifica dei consumi, con la bellezza di quasi 31mila euro spesi pro-capite nel 2023. La cifra è decisamente importante, se si pensa che la seconda provincia in classifica, quella di Roma, è a quasi 8mila euro in meno, con 23.500 euro spesi pro-capite nell’anno preso in esame. Sul terzo gradino del podio il capoluogo piemontese, con 23.124 euro spesi pro-capite, ma il dato si dimezza se si aggrega il valore di spesa assoluta dal territorio: per Milano è infatti di 100 milioni di euro, mentre per Torino scende a 50mila.

Nel confronto tra il 2023 e il 2019 però le geografie dello studio si ribaltano

L’analisi del centro studi ha riguardato anche l’andamento nel corso del tempo di queste abitudini, confrontando la variazione tra il 2023 e il 2019 sia dei consumi totali che dei soli consumi alimentari, per i quali la geografia evidenziata dagli esperti si ribalta, vedendo infatti le regioni del Mezzogiorno in testa alle classifiche.

«In primo luogo questi dati – sottolinea Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne – possono rappresentare un indicatore di doppia vulnerabilità per l’economia del Mezzogiorno, dove il reddito disponibile delle famiglie è inferiore di circa il 25% rispetto a quello della media nazionale e il peso dei consumi alimentari appare più consistente. In ben 26 province meridionali su 38 l’incidenza dei consumi alimentari supera il 21% di quelli totali, mentre questa situazione non si verifica in nessuna delle province del resto dell’Italia. La maggiore presenza della componente di consumi di beni alimentari – che sono stati più penalizzati dalle spinte inflazionistiche e che si caratterizzano anche per una maggiore frequenza di acquisto – da un lato ha gonfiato i consumi in termini nominali e dall’altro ha eroso maggiormente il potere d’acquisto reale complessivo delle famiglie meridionali. Si tratta di un fenomeno che comunque – sebbene in misura inferiore – ha riguardato anche 16 province dell’Italia centro-settentrionale, caratterizzate per una incidenza di questi consumi tra il 18,5% e il 21%, a dimostrazione che i divari territoriali si articolano nel Paese anche secondo una logica più complessa della dicotomia Nord-Sud».