Il personaggio

Lorenzo Pinciroli e l'amore per il freestyle che lo ha portato ad esibirsi davanti al Papa

«Nel 2019 con i Da Move eravamo in spinta totale: oltre 50 performer provenienti da 10 Paesi diversi che si esibivano ovunque».

Lorenzo Pinciroli e l'amore per il freestyle che lo ha portato ad esibirsi davanti al Papa
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Lorenzo Pinciroli si è esibito in piazza San Pietro, davanti a Papa Francesco, nel 2014 con la sua crew.

Nel 2000 creò la crew dei Da Move, 14 anni dopo Lorenzo Pinciroli si è esibito davanti al Papa

Lorenzo Pinciroli con Papa Francesco nel 2014
Lorenzo Pinciroli con Papa Francesco nel 2014

Insegna un “trick” (trucco, gioco con la palla da pallacanestro) a Papa Francesco in piazza San Pietro nel 2014, davanti a migliaia di persone e in diretta tv. Presta una manica (per asciugarsi gli occhi) a Sofia Goggia prima di un’intervista a Cortina il 18 gennaio 2025. Prima, tra i due episodi e dopo, un amore sconfinato per il basket, per la gente, per lo show. Lorenzo Pinciroli, alias Aig Scream, si è “inventato” la crew dei Da Move nel 2000 per portare nel mondo il freestyle, praticandolo per 25 anni in oltre 40 Paesi diversi, ha partecipato a eventi di livello mondiale, è speaker di competizioni sportive internazionali e non ha mai dimenticato il valore sociale dello sport, della squadra, dell’amicizia, della comunità. Classe 1981, di Oleggio Castello, vive a Borgomanero, in provincia di Novara, ha aperto lo spazio Court MLN a Rho Fiera, viaggia in ogni angolo del pianeta ed è detentore di un Guinness World Record per il maggior numero di canestri segnati con 3 palloni in 30 secondi.

Come si articola la sua carriera in questo momento?

«Dopo lo stop del Covid, è ripresa l’attività dei Da Move, e il Court, nostro HQ accoglie eventi e iniziative diverse e mi chiamano per essere intrattenitore dei grandi eventi sportivi».

Come ha inciso la pandemia e come è ripartito?

«Nel 2019 con i Da Move eravamo in spinta totale: oltre 50 performer provenienti da 10 Paesi diversi che si esibivano ovunque. Avevamo appena lasciato la sede per un capannone tre volte più grande dove allestire un campo da basket all’americana. La pandemia ha bloccato tutto, gli aiuti per il nostro settore non sono arrivati e a maggio 2020 pensavamo di dover chiudere e arrenderci. Le vie del freestyle però sono infinite e diventiamo la casa del basket milanese: arrivano gli imprenditori a giocare con gli amici così come Pippo Palmieri e Alvin di Radio 105, Pippo Ricci con la sua organizzazione di volontariato. E poi si organizzano eventi di tutti i tipi, dalle feste di compleanno ai momenti del Fuori Salone. Un cuore pulsante che si espande in città supportando progetti, tornei, inaugurazioni di campetti. Questo spazio ha una sua anima e sta crescendo».

E con i Da Move?

«Durante il lockdown ho letto gli statisti, ho studiato Churchill e Rommel, per arrivare a una strategia. Abbiamo compattato i ranghi e deciso di sostenere giovani talenti europei. Siamo arrivati a maggio 2024 alla Final Four EuroLeague a Berlino, organizzando lo show e lavorando con il direttore artistico della Filmmaster. Mi hanno proposto un ruolo da maestro di cerimonie istrionico che mi ha permesso di alzare il trofeo. Una coppa che l’Italia purtroppo non vince da anni... Per me è stato un momento di orgoglio fortissimo. Una delle immagini che non dimenticherò mai».

Ha un ulteriore obiettivo?

«Vorrei portare qui un progetto fondato da Nick di Venice Beach: l’Hoop Bus cioè una sorta di scuolabus con due canestri per spostarsi e permettere a tutti di giocare e organizzare incontri. Sono stato 10 giorni in Indiana e vorrei replicare questa situazione anche perché vorrebbe dire tornare alle origini, per me; tornare a giocare a pallacanestro con i ragazzi».

Perché dal campo di pallacanestro è iniziato tutto...

«Non amavo molto studiare ma ho iniziato a giocare e non ho più smesso. Unendo le partite all’innovazione dello show con una palla da basket».

E ora si sta sviluppando sempre più la sua carriera di speaker: un ruolo che le piace?

«Tantissimo. Incontro atleti e persone fantastiche, raggiungo posti incantevoli, vivo lo sport dall’interno. Una vera posizione privilegiata per chi ama questo mondo. Studio molto, cerco di capire, di raccogliere informazioni per osmosi, sono estremamente curioso e soprattutto con lo sci alpino, con le nostre Brignone e Goggia, stiamo vivendo un periodo fantastico. Sono stato voce, nei mondiali, del pattinaggio di figura, dell’hockey, dei tuffi e sono voce tecnica del basket 3 contro 3: con questa disciplina sono stato a Roma, a Il Cairo, a Belgrado che rappresenta il punto di incontro delle culture dell’Est e dell’Ovest, è la città del basket europeo. Sono un commentatore che deve coinvolgere, emozionare, compio un’immersione nell’atmosfera. Lavoro spesso con il dj Max Benzoni e capiamo insieme dove possiamo spingere l’intrattenimento per sublimare l’emozione sportiva».

Deve continuare a studiare...

«Devo essere preparato e sto studiando spagnolo e tedesco per ampliare l’internazionalità della mia professione».

Il sogno in questo settore?

«Mi auguro di partecipare alle Olimpiadi Milano-Cortina. Sarebbe il giusto coronamento al mio percorso. Ho lavorato tantissimo sia a Milano sia a Cortina e mi sentirei quasi esiliato se non mi volessero lì... A livello di cuore mi piacerebbe tantissimo Cortina ma qualsiasi altro luogo delle Olimpiadi mi entusiasmerebbe».

Come si concilia tutto questo con la famiglia?

«Il plauso va alla mia compagna e a mia figlia che mi sopportano e mi supportano. L’importante è ricavarsi dei momenti nei quali staccare completamente da un lavoro che assorbe, che ti porta lontano, ma che ti lascia anche intere giornate libere. La serenità che possiedi quando riesci a fare ciò che ti piace, la trasmetti a chi ti sta attorno. E le persone che ti vogliono bene capiscono e i rapporti si rafforzano con la distanza. Con il Covid mi sentivo un leone in gabbia. Da papà sono diventato più bravo a gestire le priorità, a comprendere quale siano davvero le urgenze. Prendo molto sul serio il mio lavoro ma sono anche consapevole della componente di leggerezza che contiene».

Cosa significa lo sport per lei?

«E’ confronto tra Paesi, è incontro. Anche per questo non sono d’accordo con la censura per motivi politici di atleti; non ne capisco la ratio nè cosa si ottenga. Nell’escludere si può solo peggiorare, dalla partecipazione invece si aprono vie al dialogo, alla possibilità di costruire. Faccio un esempio: abbiamo un giovanissimo dunker bielorusso, uno dei più forti schiacciatori al mondo, bloccato dalla guerra iniziata dalla Russia: ma lui che colpa ne ha? E’ una vittima. Sono stato in un charity program in Libano al confine con la Siria e ho sentito le bombe. Credo che la maggior parte del mondo Occidentale non possa nemmeno immaginare cosa sia la guerra mentre altre popolazioni la vivono ogni giorno: pensare che un essere umano possa sganciare bombe contro altri esseri umani per me è inconcepibile così come escludere un atleta perché è nato in un Paese “nemico”».

Come si vede tra vent’anni?

«Vivo nel presente e nell’immediato futuro. Mi concentro su questo. Mi piacerebbe continuare come speaker perché per questo ruolo sono ancora giovane! Mi auguro di rimanere nell’ambito sportivo per incrementare l’impatto sociale delle attività che promuovo. In questo momento sto continuando a “prendere appunti” di ciò che vedo per trasformare e adattare secondo il mio focus. Mi vedo di sicuro impegnato. Se vent’anni fa mi avessero detto che avrei visitato 40 nazioni e lavorato in questo modo con il basket e con lo sport, non ci avrei creduto. Ecco, tra vent’anni spero di stupirmi allo stesso modo. L’obiettivo è realizzare qualcosa di bello per me e per gli altri, imparando anche a comunicarlo meglio».

Il momento più bello in assoluto della sua carriera finora?

«Ne cito tre. Sollevare la coppa dell’Eurolega, giocare col Papa e il tour dei Da Move nei palazzetti prima del Covid. Penso che poter unire un tour come quello con la parte sociale dell’Hoop Bus sarebbe il massimo».

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