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L'intervista: "Faccio il pendolare tra Ivrea e Londra per amore della musica"

Thomas Masciaga, classe 1999, viaggia regolarmente tra Ivrea e Londra per studio e lavoro.

L'intervista: "Faccio il pendolare tra Ivrea e Londra per amore della musica"
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Pendolare della musica. Una realtà ma anche una condizione che ha raggiunto un equilibrio significativo, quotidiano e irrinunciabile.

L'intervista: "Faccio il pendolare tra Ivrea e Londra per amore della musica"

Thomas Masciaga viaggia regolarmente tra Ivrea e Londra per studio e lavoro. Nato nel 1999, a 7 anni inizia a suonare seguendo l’idea di un compagno di classe: l’amico smette, per lui invece la musica diventa ragione di vita. «Non sono figlio d’arte ma i miei genitori mi hanno supportato e hanno capito che questa passione poteva trasformarsi in una professione - spiega - così mi sono iscritto al liceo musicale di Ivrea e ho iniziato a studiare con la concertista torinese Chiara Bertoglio e poi con quello che è divenuto il mio mentore, la mia guida spirituale e lo è tuttora: il pianista russo Kostantin Bogino che insegna all’Accademia Perosi di Biella. A 15 anni ho iniziato la mia vita da pendolare: 5 giorni a settimana al liceo di Ivrea, fine settimana a Londra per frequentare il Junior Guildhall Music Program soggiornando a casa dei nonni materni».

Masciaga si è trasferito in Inghilterra dopo la maturità

Dopo la maturità, il trasferimento definitivo in Inghilterra per completare gli studi: ha vinto il Piano Prize, è stato finalista al Lutine Prize e finalista al Beethoven Intercollegiate Piano Competition di Manchester. Ha proseguito i suoi studi universitari e post-laurea alla Guildhall School of Music and Drama, lavorando al fianco di Lucy Parham, Charles Owen, Paul Roberts e Joan Havill. Laureatosi con il massimo dei voti, ha conseguito il Concert Recital Diploma ed è al primo anno di Artist Diploma.

Il debutto nella nuovissima Bechstein Hall dai Londra

Intanto continuano i viaggi per i concerti. Il 2 febbraio Masciaga debutta nella nuovissima Bechstein Hall di Londra e il 14 febbraio è stato a Ivrea, diretto da Carla Delfrate, nel teatro dove si è esibito da bambino con il primo saggio e presenterà il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 di Tchajkovskij, composizione che i pianisti hanno tutti a cuore. «Non ho mai pensato a un piano B a un’alternativa, la musica mi ha coinvolto così tanto che rappresenta il primo pensiero quando mi sveglio e l’ultimo quando vado a dormire. In questo momento mi sto concentrando sullo studio, 5-6 ore al giorno ma anche di più, per incrementare la mia carriera di concertista. Ho sperimentato la composizione e vorrei riprenderla così come insegno un poco ma per il momento non è l’attività principale. La musica è uno sport a tutti gli effetti e non bisogna consumare il proprio fisico con un carico eccessivo».

Quale il sogno nel cassetto a livello di repertorio?

«Nel periodo del Covid ho studiato il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 di Rachmaninov che mi piacerebbe suonare in pubblico, è sempre stato il mio sogno».

E a livello di luoghi, dove vorrebbe esibirsi?

«Al teatro Alla Scala di Milano che penso sia il “tempio” per qualsiasi musicista soprattutto italiano. E poi a Londra, al Barbican Centre un luogo semi sacro, vicino a dove studio».

Quali ricordi, al momento, porta con sè?

«A 12 anni ho debuttato a Siena al teatro dei Rozzi, il primo concerto in un teatro, lontano da casa; è stato molto emozionante. Lì, nella mia testa è scattato un click: ho pensato “è questo che voglio fare nelle vita”. Poi, a 16 anni quando ho eseguito il Concerto n. 2 di Rachmaninov: mio padre me lo faceva ascoltare di continuo, ripetendomi “quando saprai suonare questo, sarai un pianista”. Eseguendolo ho sentito la sua voce e ho capito di essere un pianista».

Italia o Inghilterra?

«Mi sento a casa in entrambi i luoghi e ho trovato un equilibrio viaggiando. Sono realtà talmente diverse che si completano. Londra ha gli stimoli delle grandi città, piena di frenesia, con ritmi che ti “tengono sulle spine”. Ivrea è riuscire a rallentare, a dare un senso di serenità che si percepisce solo nel proprio nido. Ho radici solide e sono affezionato al posto in cui sono cresciuto, eppure non saprei stare senza Londra. Vivendo all’estero si apprezza molto di più l’Italia: alcune dinamiche possono far storcere il naso ma poi ci si accorge che non sono così diverse altrove».

Cosa dovrebbe cambiare in Italia rispetto all’approccio della musica?

«E’ una mancanza grave che non venga studiata in maniera seria e approfondita nelle scuole: la musica è parte della vita di tutti, nessuno può farne a meno eppure è lasciata ai margini della formazione, dell’istruzione. I giovani non hanno la cultura classica della musica se non la studiano in maniera indipendente. In questo modo si sviluppa il pregiudizio che la musica classica sia per “i vecchi” e non si alimenta una passione».

Come si vede tra dieci anni?

«Concertista in giro per il mondo: è lo stato in cui mi sento più realizzato. Sempre pendolare tra Italia e Londra. Sono molto determinato e appassionato e mi impegno per raggiungere i risultati che desidero».

Non vuole essere a sua volta mentore di qualche giovane musicista?

«Tra più di 10 anni! L’insegnamento fa parte dell’essere musicisti. Studiamo tanto ed è giusto condividere».

Quindi si può vivere di musica?

«Questa è una domandona... Si può e si spera si possa vivere di musica. Le dinamiche sono tante e diverse ma io credo che ci possa mettere nelle condizioni per farlo».

Le rimane del tempo libero?

«Studio molto di notte perché in conservatorio i pianoforti migliori sono liberi alla sera e a casa ho un silent piano per esercitarmi, così durante il giorno ho del tempo a disposizione. Amo cucinare, mi rilassa: accendo la radio e spengo tutto il resto. I miei genitori sono ottimi cuochi e appena arrivato in Inghilterra avevo quindi un grande problema: ho imparato io. Poi sono un grande tifoso dell’Inter e seguo da lontano tutte le partite».

Cosa pensa la sua famiglia del suo percorso?

«I miei genitori sono orgogliosi e contenti soprattutto quando suono vicino a casa così possono venire ad ascoltarmi. Da poche settimane mio fratello vive con me a Londra: il nostro collante non è la musica ma sono le gioie e i dolori della nostra fede calcistica».
Masciaga sorride: suo fratello ha abbandonato la chitarra dopo due settimane, lui è diventato un musicista, un pianista e vuole continuare a esserlo.

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