L'allerta nel Nordovest per le medie imprese lanciato dal rapporto Mediobanca e Unioncamere
Preoccupano la concorrenza low-cost (che interessa il 70% circa di queste imprese), il contesto geopolitico instabile e il caro energia, insieme ai dazi e alla difficoltà di reperire personale qualificato per soddisfare la domanda.

Allerta medie imprese nel Nordovest lanciato dal rapporto Mediobanca e Unioncamere.
Mediobanca e Unioncamere lanciano un allerta per le medie imprese del Nordovest nel loro rapporto
Medie imprese industriali italiane: l’Italia supera la Germania, la Francia e la Spagna per produttività ed è seconda in Unione Europea per andamenti di fatturato e occupazione. Per il 2025, le medie imprese prevedono di chiudere ancora in positivo con incrementi del 2,2% del fatturato totale e del 2,8% dell’export rispetto al 2024. Ma preoccupano la concorrenza low-cost (che interessa il 70% circa di queste imprese), il contesto geopolitico instabile e il caro energia, insieme ai dazi e alla difficoltà di reperire personale qualificato per soddisfare la domanda.
Sul lungo periodo, solo il Nordovest perde aziende. E’ quanto emerge nel 24º Rapporto sulle medie imprese industriali italiane e nel Report “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica per la creazione di valore nelle medie imprese industriali italiane” realizzati dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere presentati a Genova.
I commenti
«Costi dell’energia e mismatch sono certamente un problema per le medie imprese industriali, che peraltro confermano anche quest’anno di essere un segmento altamente competitivo del sistema produttivo nazionale - ha detto Andrea Prete, presidente di Unioncamere - Speriamo che le incertezze del contesto internazionale non creino shock che penalizzino questi campioni del made in Italy».
«Le medie imprese contribuiscono per il 45% all’export italiano e hanno una propensione ad esportare del 42% - ha detto Giuseppe Molinari presidente del Centro Studi Tagliacarne - Queste realtà produttive, con le loro elevate performance, sono la prova che quando il family business si organizza, anche dal punto di vista manageriale, e si apre alla competizione allargata, dà vita a un modello di successo per innovazione e produttività, anche nei confronti degli altri competitor».
Le medie imprese rappresentano una componente strategica del tessuto produttivo nazionale: generano il 17% del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, il 16% del valore aggiunto e il 14% sia delle esportazioni sia dell’occupazione complessiva.
Le medie imprese dal 1996 al 2023
In un orizzonte lungo, dal 1996 al 2023 le imprese sono passate da 3.378 a 3.650 con oscillazioni che hanno visto il numero massimo nel 2007 (4.556) e il minimo nel 2020 (3.200) dovuto alla crisi innescata dal Covid. Si è assistito a un incremento nel Nordest (variazione netta di 76 unità), nel Centro (+70), e nel Sud e Isole (+197), mentre il Nordovest ha registrato una diminuzione di 71 aziende. Sono aumentate le imprese operanti nel comparto meccanico (+350), grazie soprattutto al trattamento dei metalli (+203) e alle macchine e attrezzature (+131). In incremento anche l’alimentare (+129), il chimico-farmaceutico (+113), il cartario-editoriale (+14) mentre è stata significativa la riduzione nei beni per la persona e la casa (-352) dove i comparti più colpiti sono stati il tessile (-138) e l’abbigliamento (-102). In calo, ma più contenuto, anche il metallurgico (-26).
Il distretto con il fatturato maggiore è quello delle Valli Bresciane
Il 30,4% delle medie imprese industriali italiane ha sede in distretti e infatti poco meno del 90% delle medie imprese ha sede nelle aree del Nord. l distretto con la maggior presenza di medie imprese e con il fatturato maggiore è quello delle Valli Bresciane, specializzato in produzioni metallurgiche e metalmeccaniche. Qui 152 imprese fatturano in aggregato 9 miliardi di euro (di cui il 48,2% destinato oltreconfine) e danno lavoro a 18.910 dipendenti. Seguono il Lecchese Metalli con un giro d’affari pari a 5 miliardi (97 aziende, quota export 52,3% e 12.278 occupati) e il distretto friulano-veneto Comet-Componentistica e Termoelettromeccanica dove 100 medie imprese con 13.219 risorse fatturano in aggregato 4,1 miliardi di euro (di cui il 51,7% all’estero). Poco sotto il podio, si trova l’unico SPL della Top5 ovvero Carmagnola, Ciriè-Sparone, Forno Canavese, Pianezza-Pinerolo (meccanica, 92 medie imprese, 3,8 miliardi di fatturato, 51% quota export e forza lavoro pari a 11.529 unità). Il distretto con la maggior presenza di medie imprese e con il fatturato maggiore è quello delle Valli Bresciane, specializzato in produzioni metallurgiche e metalmeccaniche. Qui 152 imprese fatturano in aggregato 9 miliardi di euro (di cui il 48,2% destinato oltreconfine) e danno lavoro a 18.910 dipendenti. Seguono il Lecchese Metalli con un giro d’affari pari a 5 miliardi (97 aziende, quota export 52,3% e 12.278 occupati) e il distretto friulano-veneto Comet-Componentistica e Termoelettromeccanica dove 100 medie imprese con 13.219 risorse fatturano in aggregato 4,1 miliardi di euro (di cui il 51,7% all’estero). Poco sotto il podio, si trova l’unico SPL della Top5 ovvero Carmagnola, Ciriè-Sparone, Forno Canavese, Pianezza-Pinerolo (meccanica, 92 medie imprese, 3,8 miliardi di fatturato, 51% quota export e forza lavoro pari a 11.529 unità).