Il personaggio

La storia incredibile del Grande Torino raccontata dal museo a Grugliasco, il primo in Italia

La tragedia di Superga avvenne nel 1949: la storia del Grande Torino racconta la storia d'Italia.

La storia incredibile del Grande Torino raccontata dal museo a Grugliasco, il primo in Italia
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«E’ stata una cosa imprevedibile, come tutte le cose che nascono in un modo casuale e prendono una piega imprevista». Così Giampaolo Muliari, che da 17 anni dirige il museo dedicato alla storia del Grande Torino a Grugliasco, inizia il racconto della sua storia. Muliari, classe 1965, ha due grandi passioni: il disegno e la storia del Grande Torino. Ed è dall’equilibrio delle due che, grazie anche all’intervento di una delle firme del giornalismo sportivo nazionale, è nato il tutto.

Il racconto di come è nato il museo sulla storia incredibile del Grande Torino

«Avevo dedicato il capitolo di un mio libro di disegni alla storia del Grande Torino – spiega Muliari – non so come, ma un giorno nel 1998 mi chiamò il giornalista Andrea Bosco chiedendomi di potermi intervistare e proponendomi di organizzare una mostra dei miei disegni. L’occasione era quella dei 50 anni dalla tragedia di Superga (il 4 maggio del 1949 l’intera squadra del Torino perse la vita a bordo dell’aereo con il quale stavano tornando da una amichevole disputata a Lisbona: l’aereo si schiantò sul terrapieno dove si staglia la basilica di Superga, ndr) mi ricordo che venne in studio da me con la troupe: mi filmarono mentre disegnavo e mi intervistarono, e il filmato andò in onda sul Tg3 Lombardia con un montaggio con anche le immagini dell’Istituto Luce da Superga. Fu una grande emozione».

L'incontro con l'associazione Memoria Storica Granata

L’idea della mostra venne concretizzata grazie all’associazione Memoria Storica Granata, presieduta da Domenico Beccaria, che di Muliari divenne anche un buon amico: «In brevissimo tempo quella mostra ce la chiesero in molti – così Muliari – e in 3 anni facemmo 45 esposizioni in tutta Italia. Giravamo con i resti dell’aereo della squadra, oltre ad altri cimeli recuperati allo stadio Filadelfia (sede del Grande Torino, ndr). Dopo 3 anni ci venne l’idea di fare una mostra a Superga, nel corpo di fabbrica della basilica. Per qualche tempo rimase lì, fino a che siamo spostati a Grugliasco, nella sede attuale in villa Claretta-Assandri».

Quello di Muliari è stato il primo museo dedicato a una squadra di calcio in Italia

Quello del Grande Torino è stato il primo museo dedicato a una squadra di calcio in Italia: «La passione granata – spiega Muliari – mi è venuta come vengono tutte le passioni di questo tipo, in famiglia. A tramandarmela è stato mio padre Gianfranco, classe 1933. C’è una cosa, che lega la storia del Grande Torino e mio padre, e mi commuove ogni volta che ci penso. Ci racconta spesso la storia della sua vita, e in particolare questo episodio che risale al 1951. Lui era originario del veronese, non volendo fare il contadino seguì il consiglio di un parente carabiniere di arruolarsi. Così andò a Napoli per fare il corso. Allora non c’era il Frecciarossa, e il viaggio era lungo e scomodo. Lui era da solo a 18 anni con la sua valigia in mano, triste per aver abbandonato casa e preoccupato per l’incertezza del suo futuro. Ma la preoccupazione gli passò quando si disse che se ce l’aveva fatta il Grande Torino allora poteva farcela anche lui: diventò maresciallo». Anche dopo l’apertura del museo comunque la mostra ha continuato a circolare, arricchendosi di oggetti e memorabilia: «Dal Trentino alla Sicilia, la mostra hanno continuato a chiedercela – così Muliari – ad oggi sono 199 le mostre che abbiamo organizzato in giro per l’Italia. In preparazione ne abbiamo un paio ancora, una andrà a Sestri Levante e l’altra in Basilicata. Ancora aperta è quella a Lisbona, al museo del Benfica, dove il Grande Torino ha giocato la sua ultima partita. Inaugurata nell’ottobre del 2024, sarebbe dovuta durare un paio di settimane ma alla fine è stata prorogata fino al mese di ottobre di quest’anno, perché la dirigenza del Benfica vuole dare la possibilità a tutta la cittadinanza di vederla».

La storia del Grande Torino racconta la storia d'Italia

Nel 1949 il club dominava le classifiche nazionali dell’Italia appena uscita dalla guerra. La squadra venne invitata a Lisbona per un’amichevole con il Benfica di Francisco Chico Ferreira, che aveva stretto legami con Valentino Mazzola, attaccante granata. Il match si disputò il 1 maggio, e al rientro da quella trasferta, a causa della visibilità ridotta e del malfunzionamento dell’altimetro, l’aereo sul quale la squadra viaggiava si schiantò sul terrapieno di Superga. I giocatori Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Émile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Július Schubert. I dirigenti, i tecnici e i giornalisti Ernesto Civaleri, Ettore Egri, Mario Erstein, Enrico Lisley, Enzo Agnisetta, Giuseppe Cortina, Giovanni Casalvolere, Luciano Cavallero, Vittorio Tosatti; oltre all’equipaggio composto da Sergio Meroni, Luigi Dinca, Ubaldo Bianciardi, Mario Pangrazi, Angelo Buonaiuti. «A quell’epoca – racconta Muliari – non c’erano le Tv, ed era difficile vederli in partita. Ciò rendeva le gesta del Grande Torino ancora più mitiche, e quando si diffuse la notizia della tragedia fu come se a rimanere ucciso fosse stato anche il sogno di tutti i tifosi. Per questo dico che in ogni famiglia c’è un po’ del Grande Torino. Il calcio non è solamente le partite, ma anche memoria e storia dei nomi delle persone e del Paese».

L'amicizia con la vedova di Virgilio Maroso

Nei decenni di attività del museo e dell’associazione per la memoria storica granata Muliari ha avuto la possibilità di incontrare tanti ex giocatori, riuscendo a collezionare moltissimi oggetti che raccontano, di prima mano, la storia della leggenda. Tra i molti incontri però uno ha un posto speciale nel cuore del direttore del museo: «Ricordo sempre con grande affetto Carla Maroso, la vedova di Virgilio. Lei ha sostenuto molto le nostre attività, ma un giorno mi chiamò perché voleva darmi qualcosa di importante legato a Virgilio. Era il 2015 quando venne al museo per darci due medaglie d’oro assegnate a Virgilio dopo la tragedia. Erano sposati da 11 mesi quando lui morì. Oltre alle medaglie Carla mi ha voluto dare anche alcune cartoline che le aveva spedito Virgilio, che lei chiamava affettuosamente “Maldo”. Allora non c’erano i cellulari, e si comunicava così. Tra le cartoline ce n’è anche una che lui le aveva spedito da Lisbona, e che arrivò dopo la tragedia. Adesso quella cartolina è esposta al museo del Benfica. Qualche tempo dopo l’incontro al museo, Carla iniziò ad avere qualche problema di salute, e morì nel 2018». Un altro personaggio che Muliari ha incontrato è stato il grande Emiliano Mondonico: «In tutti questi anni di mostre ho avuto il privilegio di incontrare tantissime care persone e ovviamente molti ex giocatori o allenatori che hanno scritto la storia del Toro. Il personaggio a cui sono più legato è Emiliano Mondonico, purtroppo scomparso nel 2018. L'ho conosciuto nel 2000 e da allora siamo diventati grandi amici.  Devo molto a Emiliano, e la sua figura mi manca parecchio».

Il museo a Villa Claretta di Grugliasco

Il museo a villa Claretta si snoda su una superficie di 600 metri quadri e ospita più di 1500 oggetti: «Sono molte le persone che vengono a visitare il museo – così Muliari – e decidono di donarci oggetti legati alla storia del Grande Torino», spiegando l’origine del museo e del racconto che fa di una delle leggende che legano indissolubilmente il grande calcio al nostro Paese. A Grugliasco le visite sono guidate: in tutto i volontari che gestiscono la struttura sono una cinquantina. Ogni sabato (dalle 14 alle 19) e domenica (dalle 10 alle 19) il museo è aperto, le visite si possono prenotare (al costo di 5 euro) su www.museodeltoro.it. «La tragedia - recita il motto che anima i volontari del museo - non è morire, ma dimenticare: e noi non dimentichiamo».