I dati

La parità di genere sul lavoro? A questo ritmo ci mettiamo 131 anni

Tra Piemonte e Lombardia diverse ricerche condotte da vari organismi concordano tutte sulla minore incidenza delle donne nel mondo del lavoro.

La parità di genere sul lavoro? A questo ritmo ci mettiamo 131 anni
Pubblicato:
Aggiornato:

Secondo uno studio realizzato dal World Economic Forum in Italia la parità di genere sul lavoro al ritmo attuale potrà essere raggiunta in 131 anni.

Parità di genere sul lavoro, a questo ritmo in Italia ci vorranno 131 anni

Le donne occupate sono meno degli uomini e quando lavorano hanno minori possibilità di raggiungere ruoli apicali, per quanto le donne manager siano in crescita. Uno scenario condizionato soprattutto dalla vita familiare e dalla presenza di figli. Secondo il Global Gender Gap Report 2024  del  World Economic Forum, al ritmo attuale, la piena parità di genere potrebbe essere raggiunta solo tra 131 anni, ben oltre gli obiettivi fissati per il 2030. L’Italia, tra l’altro, è tra gli ultimi Paesi europei per partecipazione femminile al lavoro, ben al di sotto di Germania (75%), Francia (68%) e Spagna (64%).

Le donne in età lavorativa occupate sono il 51%, contro il 69% degli uomini

Solo il 51% delle donne in età lavorativa è occupato, contro il 69% degli uomini, arrivando a percentuali inferiori al 40% nelle regioni meridionali. Allo stesso tempo, la presenza femminile nelle posizioni manageriali è in crescita, con le donne che rappresentano il 36% dei manager nel 2024, un dato record. Tuttavia, solo il 28% delle posizioni manageriali complessive è ricoperto da donne, percentuale che scende al 18% nelle posizioni regolamentate da un contratto dirigenziale. Rimangono difficoltà nel conciliare vita lavorativa e maternità, la ridotta presenza in carriere Stem (le studia il 17% delle donne, rispetto al 39% dei colleghi maschi), la bassa rappresentanza in posti di lavoro apicali (solo il 31,5% dei membri dei CdA delle società quotate in borsa sono donne) e l’epidemia di part-time rendono l’occupabilità delle donne italiane tra le più basse del continente, sotto circa 13 punti percentuali della media UE. Queste tra le conclusioni del report «Donne e lavoro in Italia» di Rome Business School, a cura di Carlo Imperatore, direttore Generale Federmanager Roma Lazio e Valerio Mancini, direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School.

Anche il rapporto Ires Piemonte riscontra lo stesso scenario

Uno scenario raccontato anche dal rapporto redatto da Ires Piemonte «L'Occupazione femminile in Piemonte», nell'ambito del servizio di valutazione relativo al programma regionale Fse+ 2021-2027. ,La partecipazione al mercato del lavoro retribuito riguarda due donne in età da lavoro su tre (65%). La quota varia secondo l’età, la generazione, il livello di istruzione, la distribuzione dei carichi familiari, le possibilità di pensionamento o meno delle donne mature: sono occupate un terzo delle giovani, 3 donne adulte ogni 4 e il 20% delle donne over 55 (per un totale di 800mila donne) e la disoccupazione coinvolge soprattutto le giovani, le donne straniere e quelle con una bassa istruzione per un totale di 61mila donne in cerca di lavoro.

Occupazione femminile, quali i fattori determinanti?

Ma quali sono i fattori determinanti dell’occupazione femminile? L’istruzione favorisce l’occupazione femminile in misura maggiore che quella maschile. La maternità, la vita in famiglia e le attività di cura comportano per molte donne scelte e penalizzazioni: difficoltà con tempi di lavoro prolungati, ricerca di orari flessibili, discontinuità nei percorsi lavorativi e professionali; il lavoro part time rimane il principale strumento di conciliazione. La bassa istruzione, la condizione mono-genitoriale, la precarietà del titolo di soggiorno delle donne migranti, sono ulteriori svantaggi: quando si cumulano sulla stessa persona, rendono difficile sia l’accesso che il mantenimento del lavoro, nonché il ricorso ai servizi pubblici.

Ma l'incidenza di lavoro stabile è minore

Le donne sono relativamente più presenti nel lavoro dipendente; sono sotto-rappresentate tra imprenditori, alta dirigenza e lavoro in proprio mentre istruzione, sanità e servizi sociali, servizi collettivi e alla persona, alberghi e ristorazione, sono i settori dove la presenza femminile è molto elevata. In alcuni settori è diffuso il lavoro irregolare e poco qualificato; ciò contribuisce a svalutare le figure professionali di riferimento: l’occupazione femminile mantiene una incidenza minore di lavoro stabile (14% dei contratti 2023 e 2024) e una incidenza maggiore delle forme meno tutelate (17% dei contratti) rispetto agli uomini, 18% e 11% rispettivamente.

I dati in Lombardia dell'Osservatorio sul precariato

Per quanto riguarda la Lombardia, secondo l’Osservatorio sul precariato, nel 2023 in Lombardia si contano 650.183 nuove assunzioni femminili, dato in leggero calo rispetto al 2022 (-0,1%), ma sui livelli più alti del decennio: è il 42,6% delle nuove attivazioni. Le donne sono la minoranza dei neoassunti per tutti i tipi di contratto, tranne per i nuovi contratti a intermittenza (57,4%, incidenza superiore al 55,6% dello scorso anno); al contrario la quota di uomini è particolarmente marcata per le assunzioni a tempo indeterminato (63,2%, contro il 36,8% di donne) e quelle con contratti a termine (59,8% uomini e 40,2% donne). I nuovi contratti part-time sono stati 467.442, il 30,6% delle nuove attivazioni; quasi 1 donna su 2 è stata assunta con questa una forma. Le imprese attive in Lombardia a fine 2023 sono 945.955; di queste, 181.960 (il 19,6%) sono imprese femminili. Una quota inferiore alla media nazionale (22,2%), ma la più alta in valori assoluti.

Anche in Lombardia le donne lavoratrici sono di meno e più discontinue

Il quadro che emerge anche a livello lombardo è chiaro: la partecipazione femminile al mercato del lavoro è più discontinua di quella maschile, fatta di lavori atipici e a più bassa remunerazione, come spiega il dossier «Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze». A incidere, come in Piemonte, la necessità di conciliare occupazione e vita familiare, tanto che alla domanda per “Quale motivo cambieresti il posto di lavoro” per gli uomini è l’avere più soldi e le possibilità di sviluppo della carriera, per le donne più soldi ma subito dopo la richiesta di maggiore flessibilità degli orari di lavoro. Le differenze di genere sul mercato del lavoro si riflettono anche sulle pensioni: in Lombardia, in media nel 2022 le donne hanno percepito 7.858 euro in meno rispetto agli uomini, un dato cresciuto (+107 euro) rispetto al 2021. Anche se in crescita graduale, i 12.247 euro medi annui percepiti dalle don ne sono ancora molto distanti dagli oltre 20 mila euro che percepiscono in media gli uomini.