In Lombardia il posto fisso non è più un mito: i risultati dell'indagine di Bibliolavoro per Cisl FP
Oltre la metà del campione analizzato opera nella sanità. Per il resto l’età media del campione è di 51,8 anni, segno che il ricambio generazionale è sempre più rado.

L'indagine di BiblioLavoro per Cisl FP Lombardia riporta un'insoddisfazione crescente tra i dipendenti pubblici: il posto fisso in regione non è più un obiettivo cui aspirare.
In Lombardia il posto fisso non è più un mito: cresce l'insoddisfazione tra i dipendenti pubblici
Il posto fisso? Secondo quanto è emerso da un sondaggio realizzato da BiblioLavoro per Cisl FP Lombardia, non è più un sinonimo di solidità e sicurezza. Il centro studi regionale del sindacato ha elaborato una serie di questionari sottoposti a un campione composto da oltre un migliaio di persone, tutti dipendenti pubblici.
«Lo scenario evidenziato dalla ricerca – spiega la segretaria generale della Cisl FP Lombardia, Angela Cremaschini – è preoccupante. C’è un’insoddisfazione crescente, a partire dai salari: con il blocco contrattuale del periodo 2010-2019 il potere d’acquisto nel pubblico impiego è calato del 16% rispetto al privato. Per questo siamo convinti che sia più che mai necessario rinnovare i contratti scaduti: le risorse per farlo ci sono e sono già state stanziate. Permangono anche problemi di organizzazione, di carenza di organici e di carichi di lavoro stressanti, a dispetto dell’immagine stereotipata e profondamente ingiusta che vede il dipendente pubblico come un privilegiato. C’è poi il tema della tutela contro le aggressioni, soprattutto in ambito sanitario. Nel contratto non siglato della sanità avevamo introdotto il supporto psicologico per le vittime, oltre alla costituzione dell’ente come parte civile nei processi: non si possono lasciare sole le persone che mentre lavorano subiscono atti di violenza. Purtroppo il lavoro pubblico non è più un’aspirazione, ma un ripiego».
La maggioranza assoluta del campione lavora in sanità
Oltre la metà del campione analizzato opera nella sanità. Per il resto l’età media del campione è di 51,8 anni, segno che il ricambio generazionale è sempre più rado. Solo il 10% del campione ha meno di 39 anni, il 62,5% sono donne, il 45,4% è laureato, il 41,4% ha un diploma di scuola superiore. Chi non è impiegato nella sanità opera tra funzioni locali e funzioni centrali, ossia comuni e enti pubblici non economici. A ricordare il basso ricambio generazionale, il 60% del campione ha un’anzianità di servizio superiore ai 20 anni.
Il pubblico impiego non attrae più
Secondo quanto emerso dalla ricerca, tra i principali motivi per cui le persone non vogliono avvicinarsi al mondo del lavoro nel pubblico impiego ci sono la “Retribuzione insufficiente rispetto al costo della vita”, indicato dall’83,2% del campione; le “Poche opportunità di crescita professionale e avanzamento di carriera” (55,2%), la “Mancanza di valorizzazione e riconoscimento del lavoro svolto” (51,5%), l’”Ambiente di lavoro stressante o poco motivante” (34,9%), l’”Eccessiva burocrazia” (30,5%), la “Percezione negativa del lavoro pubblico da parte della società” (23,5%) .
Lo stress e l’organizzazione inefficace del lavoro
In oltre il 60% dei questionari è presente la dichiarazione di soffrire di stress. Nel dettaglio le risposte riguardano chi si sente “spesso o sempre stressato”. A soffrirne maggiormente sono le donne, il personale sanitario e chi lavora su turni. La stessa quota che dichiara di essere stressata si ha anche per le dichiarazioni di organizzazione inefficace del lavoro. Le questioni riguardano la carenza di personale, poco supporto dalla dirigenza e la mancanza di comunicazione interna.