I giovani lavoratori lombardi chiedono impieghi dignitosi
«Le nuove generazioni vogliono un lavoro che li valorizzi e non li schiacci. Chiedono fine ai tirocini infiniti e ai contratti fragili, e desiderano costruire un futuro stabile, anche familiare. Non si tratta di pretendere miracoli, ma di avere l’opportunità di scegliere e non essere penalizzati per maternità o paternità».

«Lavorare per vivere, non vivere per lavorare». Questo in estrema sintesi il rapporto tra giovani e lavoro che emerge dall’indagine realizzata da Cisl Lombardia e BiblioLavoro, il centro studi del sindacato.
I giovani lavoratori lombardi hanno risposto a una indagine della Cisl
Un’analisi che ha coinvolto oltre 3.500 giovani iscritti: 30 anni l’età media degli intervistati, oltre 4 su 10 hanno una laurea, il 55% sono donne e l’8,8% ha origine straniera.
E cosa chiedono i giovani? Il posto fisso non è più il sogno di riferimento. I giovani oggi cercano lavori dignitosi, retribuiti equamente e rispettosi del tempo personale. La retribuzione resta il primo fattore attrattivo (82%), ma seguono da vicino l’equilibrio tra vita privata e professionale (72%), il clima aziendale (61,8%) e le opportunità di crescita professionale (51%).
"Idee e voci per il lavoro che verrà"
I risultati della ricerca sono stati al centro di un convegno con “idee e voci per il lavoro che verrà”, ha cui ha partecipato anche Fabio Nava, segretario generale Cisl Lombardia, confermato alla guida del sindacato nel recente Congresso regionale:
«Le nuove generazioni vogliono un lavoro che li valorizzi e non li schiacci. Chiedono fine ai tirocini infiniti e ai contratti fragili, e desiderano costruire un futuro stabile, anche familiare. Non si tratta di pretendere miracoli, ma di avere l’opportunità di scegliere e non essere penalizzati per maternità o paternità».
Non ci si accontenta di un impiego qualsiasi
I giovani vogliono un lavoro che rispetti la vita e non si accontentano di un impiego qualsiasi. E allora si capisce perché l’84,8% attribuisca al lavoro un significato diverso rispetto alle generazioni dei genitori e dei nonni: equilibrio, benessere, salute mentale, crescita, meno attaccamento al posto fisso e all’azienda sono le nuove parole d’ordine. Non è un caso che solo il 26% pensi di restare nella stessa azienda fino alla pensione e quasi la metà (47,3%) stia già valutando un cambiamento. In media, gli intervistati nei primi anni della loro vita professionale hanno cambiato ben 4 posti di lavoro. Ma cosa rende un lavoro attrattivo? Al primo posto rimane lo stipendio (82%), subito dopo vengono fattori come l’equilibrio tra lavoro e tempo libero (72%), il clima aziendale (61,8%) e la possibilità di crescere professionalmente e di fare carriera (51%).
Incide il sistema di welfare, ma si rischiano misure incoerenti
Sul benessere può incidere il sistema di welfare, ma soltanto il 22% degli intervistati afferma che la propria azienda raccoglie e analizza i bisogni dei dipendenti, con il risultato che le misure erogate rischiano di essere incoerenti e poco efficaci.
L’88% sogna di costruire una famiglia, ma il 65,9% ritiene che il proprio stipendio, giudicato troppo basso, renda questo progetto quasi impossibile. Il 45% pensa che sia necessario sacrificare la carriera per costruire una famiglia e il 22% ha subito pressioni al lavoro o in fase di colloquio per rinunciare a fare figli o rimandare la genitorialità. Preoccupa il dato sulle donne che sale a quasi una su 3 (31,3%). In azienda quasi 1 giovane su 2 percepisce un conflitto generazionale, segno di un dialogo troppo fragile tra le età.
Il reddito medio del campione intervistato e una preoccupante disparità di genere
Il reddito medio del campione è pari a 1.576,90 euro al mese ed emerge una preoccupante disparità di genere: le donne (con contratto full time) guadagnano il 17,9% in meno degli uomini e sono più soggette al fenomeno del part-time involontario, che le riguarda nel 15,3% dei casi (+420% rispetto ai colleghi).
Più della metà (51,6%) non riesce a risparmiare nemmeno il 10% della busta paga e quasi 3 su 4 (72,7%) dichiarano che il salario non copre i bisogni essenziali. Il 40% non sarebbe in grado di fare fronte ad una spesa imprevista di 1.500 euro e il 25,9% continua a ricevere aiuti economici dalla famiglia. Non a caso, circa 1 su 4 vive ancora con i genitori.
Circa 1 su 2 (49,5%) ha avuto esperienze di lavoro sommerso, mentre 4 su 10 (41,6%) prestano ore di straordinario non pagate o pagate fuori busta. Il primo ingresso legale nel mercato avviene soprattutto con contratti a tempo determinato (33,8%). A seguire (16,6%) tramite tirocini extracurricolari, uno strumento più utilizzato del ben più tutelante apprendistato (15,1%).
Il 39% ha trovato il primo lavoro grazie al passaparola (famigliari/amici), il 28,5% rispondendo a un annuncio sul web o lasciando spontaneamente il CV.
Infine, il 96% è preoccupato per la propria pensione: le parole più ricorrenti? Incertezza, ansia, miraggio, irraggiungibilità, rabbia generazionale, sfiducia nel sistema. E per questo oltre la metà (53,3%) ha scelto di aderire a un fondo di previdenza complementare (contrattuale o privato).