Il personaggio

Anche dopo l'incidente Christian continua ad andare in moto: "Sogno un campionato per disabili"

«Sì può tornare in sella, si può tornare a vivere e ne vale la pena».

Anche dopo l'incidente Christian continua ad andare in moto: "Sogno un campionato per disabili"
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Cresciuto andando in moto prima con papà e poi da solo su strada e su pista. La moto gli ha cambiato la vita e continua a farlo. Nel 2010 un incidente gli causa la paralisi delle gambe; nel 2023 torna in sella “davvero” e si sente di nuovo libero, come prima, prima di quel giorno. Christian Coccato ha 44 anni, è nato e cresciuto a Torino e vuole realizzare un sogno: partecipare al Campionato italiano per motociclisti con disabilità.

Come è nata la passione?

«Avevo 5-6 anni e mio padre mi portava già in sella e mi ha trasmesso questo amore. A 14 anni ho desiderato, come tutti gli adolescenti, il motorino per essere indipendente e ho faticato a convincere mamma ad acquistarlo, anche se lei stessa era “passeggera” motociclista e organizzava le vacanze sulla due ruote. Appena ho potuto ho condiviso il mezzo di papà, fino a quando lui è mancato, nel 2004, vittima di un incidente sul lavoro».

Il primo grande cambiamento della sua vita...

«Sì, ero iscritto alla facoltà di Architettura e aiutavo papà nella sua ditta di costruzioni. Ho iniziato a lavorare come venditore d’auto (ma prima o poi discuterò anche la tesi perché mi manca solo quella per laurearmi...), una professione che ho svolto fino al 2010, da vero appassionato di motori. Intanto, ho venduto la mia Honda Hornet e scelto una Honda CBR 600 per scendere in pista e i miei orizzonti sono cambiati: la pista ti emoziona in maniera diversa. Proprio quando stavo valutando di non usare più la moto su strada, per la pericolosità del traffico, ecco l’incidente».

Cosa ricorda di quel giorno?

«Un viaggio domenicale verso il mare della Liguria, ho allargato una curva per superare una moto che però non ha tenuto la traiettoria, sono finito nella corsia opposta. Un frontale con un’auto. Non ricordo più nulla, nemmeno l’elicottero che mi ha prelevato. Mi sono svegliato in Rianimazione in ospedale a Cuneo e mi hanno dovuto porre in coma farmacologico per 10 giorni. Poi hanno iniziato ad “aggiustarmi” e io non sentivo male alle gambe. Ho chiesto e il dottore mi ha risposto secco “sei paralizzato dall’ombelico in giù, non tornerai mai a camminare. Sono rimasto lì un mese e mezzo».

Poi cosa è accaduto?

«Mi hanno trasferito a Pietra Ligure per la parte di riabilitazione, all’Unità spinale. Avevo pensato che il mare potesse aiutarmi nel sopportare i 7 mesi di percorso per rimettermi in forma. Mi hanno insegnato la mia nuova vita. Essere indipendente anche seduto su una sedia. Mi sono sentito in una famiglia, eravamo tutti vittime di incidenti, tutti giovani».

Poi è tornato a casa.

«Non a Torino perché vivevo al quarto piano senza ascensore, ma a Gassino torinese, dove abbiamo adattato l’appartamento dei nonni. Lì è iniziato un periodo triste. Non potevo più praticare le attività che amavo di più: calcio, sci e moto. Stavo a casa, trascorrendo il tempo tra tv e social. Ho perso qualche anno di vita».

Cosa l’ha portata al cambiamento?

«Un amico mi ha invitato a provare la handbike. Ho inziato ad allenarmi e ho partecipato per due anni al giro d’Italia. Non era però la mia disciplina e nel 2015 ho scoperto la storia di un ragazzo tornato in moto dopo un incidente. Sono andato a Cremona e ho provato con un istruttore».

Cosa ha provato?

«Appena risalito in sella è stato come se non fossi mai sceso. Mi sono sentito come prima dell’incidente. Non ho mai avuto paura. L’istruttore dopo un paio di giri mi ha subito dato l’ok e sono arrivato a 240 km/h. Ho pensato “non ci posso credere” e subito dopo “si può fare”. ecco, il “si può” è diventato il mio motto, tanto da scriverlo, incorniciarlo e donare questo messaggio all’ospedale di Pietra Ligure».

Non è tornato subito in moto in maniera continuativa: perchè?

«Le difficoltà pratiche della gestione della moto mi hanno un po’ frenato e così ho preso un quad. ma il quad non “piega” e nel 2023 ho detto a me stesso che era il momento di cambiare di nuovo. Ho letto un annuncio e ho ceduto il quad in cambio di una Suzuki GSXR 600. Ovviamente adattata: un pistone idraulico agisce sulla pedalina e sul manubrio ho due pulsanti che permettono di salire e scendere di marcia. Le gambe vengono agganciate con del velcro per garantire stabilità ma anche per sganciarsi velocemente in caso di caduta».

Così è tornato in pista?

«Grazie a persone che hanno aiutato nella logistica. Mi sono allenato tanto».

Qual è il sogno?

«Mi hanno detto che sono pronto per gareggiare e vorrei provarci. A settembre ci sarebbe la prima data del campionato italiano per disabili e sarebbe proprio a Cremona, dove sono tornato in sella. Purtroppo si tratta di uno sport costoso e a me servirebbero sia sponsor tecnici sia economici ma io non mi arrendo e spero di poter raggiungere l’obiettivo».

Altri sport oltre alla moto?

«Ho quasi preso il brevetto da sub, continuo ad andare in bici, ho restaurato una Vespa aggiungendo le rotelle e ho un fuoristrada per i raduni. Calcio non posso più e ho riprovato snowboard ma non mi ha dato le giuste emozioni. E poi non ho molto tempo libero perché collaboro ancora con tre autosaloni: sono rimasto un venditore, appassionato di motori».

Racconta la sua storia nelle scuole o ha mai pensato di diventare un motivatore?

«Mi hanno sempre riconosciuto questa caratteristica ma non ho mai pensato di “insegnare” agli altri. Ho un amico, Danilo Ragona, in carrozzina, designer, che mi ha chiesto, al momento ho declinato. Però ho partecipato a un podcast per raccontarmi senza tabù».

Il messaggio per chi legge la sua storia?

«Sì può tornare in sella, si può tornare a vivere e ne vale la pena».