Transizione energetica nel settore manifatturiero quasi un’impresa su 3 in Regione Piemonte ha investimenti in corso.
Nel manifatturiero la transizione energetica procede: quasi un’impresa su 3 ha investimenti specifici
La transizione energetica nel settore manifatturiero piemontese mostra un crescente dinamismo: quasi un’impresa su tre (28,6%) ha già investimenti in corso o li sta pianificando per i prossimi due anni; diminuisce, di conseguenza, la percentuale di aziende che considerano il tema non prioritario, passando dal 74,1% del 2024 al 71,5% di oggi. Questo è quanto emerge dal focus di approfondimento sulla transizione energetica realizzato da Unioncamere Piemonte a luglio su un campione di circa 1.700 imprese.
«I dati sono un segnale di grande incoraggiamento. Il nostro ruolo ora è supportare questa spinta e creare le condizioni perché questo diventi un vantaggio competitivo per l’intero sistema produttivo regionale» sottolinea il presidente di Unioncamere Piemonte, Gian Paolo Coscia.
Le dimensioni contano
La spinta verso la transizione energetica è trainata dalle imprese più grandi. Se solo il 10,4% delle realtà con meno di 10 addetti ha investimenti in corso, la percentuale sale fino al 59,7% per le aziende con oltre 250 dipendenti.
Tra le imprese che hanno scelto di investire, le direttrici sono chiare: il 65,7% punta sull’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, con il fotovoltaico a fare la parte del leone (già utilizzato dal 23% del totale delle imprese). Segue il miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti produttivi, prioritario per il 46,6%. Il 10,5% si focalizza anche sulla digitalizzazione e il monitoraggio dei consumi energetici mentre il 9,5% ha implementato sistemi di accumulo di energia. Questi investimenti si traducono in effetti concreti: per le aziende che autoproducono (seppur ancora minoritarie), l’energia generata in proprio copre in media quasi un terzo (32,3%) del fabbisogno energetico totale. Il beneficio più rilevante, indicato dal 45,1% delle imprese, è la ricerca di minori costi operativi. Questo dato sottolinea come il risparmio diretto sia il motore principale degli investimenti. Una quota ancora molto elevata di imprese (42,2%), però, dichiara di non riscontrare o prevedere “nessun beneficio particolare” da questi investimenti. Tra gli altri benefici: il contributo alla sostenibilità ambientale (19,0%), l’accesso a incentivi fiscali o finanziamenti (13,9%), il miglioramento dell’immagine aziendale (13,3%) e una maggiore prevedibilità dei costi energetici (12,5%).
A pesare è la mancanza di competenze specifiche
Un freno cruciale che emerge dall’analisi è la mancanza di competenze specialistiche all’interno delle aziende. Oltre il 70% delle imprese dichiara, infatti, di non avere figure professionali dedicate alla gestione della transizione energetica. La gestione di questi temi è, infatti, ancora largamente affidata all’esterno: solo il 2,2% può contare su un esperto interno, mentre il 20,2% si affida a consulenti esterni. Va infine evidenziato come anche le nuove forme di collaborazione, come le Comunità Energetiche Rinnovabili, inizino a farsi strada: sebbene il 37,2% delle imprese ancora non le conosca, emerge già un 3,8% di aziende che ha realizzato o aderito a una CER e un 12,6% di realtà interessate a farne parte.