Ambiente

Con 280 siti estrattivi sul territorio è la Lombardia ad avere il record nel report cave in Italia di Legambiente

Il rapporto dell’associazione ambientalista mette in luce come un’attività che per definizione è molto impattante sul territorio e sull’ambiente sia poco remunerativa, per le casse pubbliche, rispetto a quanto potrebbe essere se avesse delle tariffazioni su parametri diversi, ad esempio come in Gran Bretagna.

Con 280 siti estrattivi sul territorio è la Lombardia ad avere il record nel report cave in Italia di Legambiente

E’ lombardo uno dei record presenti nel report sulle cave in Italia stilato da Legambiente e presentato all’inizio di novembre.

Report cave in Italia di Legambiente: la Lombardia ha il record del numero di siti estrattivi

Il primato è quello del numero di cave attive: sono infatti ben 280 i siti estrattivi in attività presenti sul territorio regionale rilevati dall’indagine dell’associazione, aggiornata al 2025 secondo i dati dell’Istat. 280 cave attive su un totale di 412 cave autorizzate e 3.102 cave che invece sono state dismesse e/o abbandonate. In Piemonte le attività estrattive vedono la presenza di 277 cave attive su 277 autorizzate, a fronte di 1.847 cave dismesse o abbandonate, mentre la Liguria vede 63 cave attive su 82 autorizzate e 383 dismesse o abbandonate. «Sulle cave dismesse e abbandonate bisogna specificare che i dati comprendono anche quelle recuperate, naturalmente o per ripristini ambientali. Ad esempio, in Liguria su 383 cave chiuse sono circa 100 quelle ancora non recuperate». Il rapporto dell’associazione ambientalista mette in luce come un’attività che per definizione è molto impattante sul territorio e sull’ambiente sia poco remunerativa, per le casse pubbliche, rispetto a quanto potrebbe essere se avesse delle tariffazioni su parametri diversi, ad esempio come in Gran Bretagna.

Dai canoni delle concessioni ricavi residuali

Le attività estrattive riguardano tutta la superficie nazionale (sono 1.678 i Comuni che hanno sul proprio territorio delle attività autorizzate di estrazione, anche se il dato diminuisce rispetto al precedente rapporto del 2021), ma il ricavo che regioni e province autonome hanno è residuale, in relazione al giro d’affari che viene invece generato dalle cave. Calcolando le estrazioni di sabbia e ghiaia la Liguria rimane fuori dallo studio, perché non ha queste tipologie estrattive, ma Lombardia e Piemonte potrebbero ricavare quasi 28 milioni di euro all’anno, a fronte dei 10 milioni che ricavano attualmente.

«Il totale nazionale di tutte le concessioni pagate nelle Regioni, per sabbia e ghiaia, non arriva a 20 milioni di euro», si legge nel report, che accende i riflettori su quella che viene considerata una disparità importante: «Si tratta comunque di cifre bassissime rispetto a quanto si potrebbe incassare con una tariffazione più equa, soprattutto se considerati gli impatti degli inquinamenti portati dalle attività estrattive e le modifiche generate al paesaggio. Con una richiesta simile a quanto applicato in Gran Bretagna, ossia vicina al 20% del valore di mercato dei materiali venduti, si potrebbero generare quasi 66 milioni di euro per le casse pubbliche, fondi estremamente importanti per il ripristino ambientale dei luoghi oggetto di attività estrattive».

Diminuiscono le cave attive e aumentano le dismesse

Come già anticipato, le attività estrattive autorizzate in tutta Italia sono 1.678. Rispetto all’indagine precedente di Legambiente, pubblicata nel 2021, il dato è in linea, ma diminuisce rispetto a quello del 2017, quando le cave erano 2.012. Andando a guardare la concentrazione per singolo comune, sono 1.221 i Comuni con 1 o 2 cave, mentre 54 quelli che ne hanno almeno 10. La concentrazione maggiore in assoluto è com’è facilmente intuibile, Carrara, in Toscana, dove le cave autorizzate sono 73. Al secondo posto però c’è un centro lombardo, quello di Nuvolera, nel Bresciano (dove il 3 novembre ha perso la vita un operaio di 31 anni): qui le cave autorizzate sono 47. Al terzo posto in classifica si trova Sant’Anna di Alfaedo, nel veronese a pari merito con Cingoli, nel maceratese, con 45 cave.

«L’attività estrattiva in Lombardia può e deve ridurre i suoi volumi, a vantaggio di filiere più sostenibili che possono riutilizzare materiali opportunamente ricavati da demolizioni selettive, una tecnica sulla quale serve più attenzione – commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – La regione manca di un piano cave e frammentare le regole tra le diverse provincie non contribuisce all’innovazione, pensando anche alle necessarie progettualita per le tante cave abbandonate».