Aria meno inquinata nel Nordovest: l’indagine europea “Europe’s enviroment 2025” dell’Agenzia europea per l’ambiente, il rapporto Ispra e quello di Snpa.
Qual è lo stato di salute dell’ambiente in Europa, in Italia e nelle nostre Regioni?
Presentati a Roma alla Camera dei Deputati il Rapporto europeo “Europe’s environment 2025” dell’Agenzia europea per l’ambiente, il Rapporto Ispra “Stato dell’ambiente in Italia 2025: indicatori e analisi” e il Rapporto ambiente del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), che provano a rispondere alla domanda. L’Italia si pone come leader nell’economia circolare (secondo posto UE), raggiungendo il 20,8% nel 2023 di tasso di utilizzo circolare dei materiali, quasi il doppio della media Ue (11,8%). Si riducono le emissioni di gas serra (-26,4% tra 1990 e 2023) e cresce l’agricoltura biologica. Aumenta il consumo di energia da fonti rinnovabili, che supera il traguardo 2020 e punta al 38,7% entro il 2030. Continua a essere sotto pressione la biodiversità italiana, una delle più ricche in Europa: solo l’8% degli habitat naturali risulta in uno stato di conservazione favorevole, mentre il 28% delle specie di vertebrati e il 24% delle piante vascolari valutate sono a rischio di estinzione. Il consumo di suolo resta una criticità: nel 2024 sono stati persi 7.850 ettari, pari a 21,5 ettari al giorno.
Preoccupa il versante climatico: il 2024 è stato l’anno più caldo di tutta la serie dal 1961. I ghiacciai alpini osservati perdono massa a un ritmo sostenuto e l’innalzamento del livello del mare, pur di pochi millimetri l’anno, è continuo e dunque necessita di attenzione. Le perdite economiche pro capite dovute a eventi estremi sono quintuplicate in sette anni, dal 2017 l’Italia si colloca stabilmente su livelli superiori alla media europea.
Sul fronte della qualità ambientale, l’Italia mostra risultati contrastanti: da un lato un aumento dei corpi idrici superficiali in stato chimico buono, che raggiungono il 78% dei fiumi, dall’altro, nonostante l’inquinamento atmosferico presenti un generale miglioramento, avvicinandosi al rispetto dei valori limite di legge, si necessita di ulteriori interventi per raggiungere pienamente i valori di riferimento Oms.
Degrado e consumo di suolo
Il degrado e il consumo di suolo rappresentano due tra le principali sfide ambientali da affrontare per il nostro Paese. Per quanto riguarda il consumo di suolo, l’indicatore europeo si basa sulla variazione netta tra nuove superfici artificiali e interventi di recupero. I dati disponibili evidenziano una situazione critica: il 17,4% del territorio nazionale è interessato da fenomeni di degrado del suolo, con circa 56mila kmq che presentano almeno una causa di degrado tra il 2006 e il 2019. Le regioni più colpite sono il Lazio e l’Umbria, che registrano il 35,4% e il 33,8% di superficie degradata. In termini assoluti, la Sardegna è la regione con la superficie degradata più estesa, pari a 641mila ettari, seguita dal Lazio con 602mila. Per quanto concerne il consumo di suolo, nel 2024 si registra un consumo lordo di 8.730 ettari e un consumo netto di 7.850 ettari, con una perdita media di circa 21,5 ettari al giorno. La Lombardia si conferma la regione con il consumo più elevato in termini assoluti (oltre 291mila ettari, 12,22%), seguita da Veneto ed Emilia-Romagna. In termini di densità di consumo, spiccano Veneto e Campania. Dal 2006 al 2024, il consumo complessivo di suolo è aumentato di quasi 133mila ettari, con circa il 35% del suolo consumato concentrato in Lombardia, Veneto e Campania. La superficie di suolo consumato in Liguria, nel 2024, è stata pari al 7,3% della superficie totale, corrispondente a quasi 39.524 ettari; dal 2006 l’incremento lordo è stato pari a 806 ettari.
Il dato della Lombardia viene letto però in maniera positiva dalla Regione perchè si considera la percentuale di incremento:
«Il rapporto Ispra conferma – ha detto Gianluca Comazzi, assessore al Territorio e Sistemi Verdi di Regione Lombardia – che la Lombardia sta seguendo la strada giusta. L’incremento percentuale è dello 0,29%, ben al di sotto della media nazionale dello 0,39% e inferiore a diverse regioni come Emilia-Romagna, Lazio, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tenuto conto che la nostra regione conta oltre 10 milioni di abitanti (il 17% circa della popolazione italiana, dato che ci colloca al di sopra di 15 Stati dell’Unione Europea) e che genera un quinto del Pil italiano. Il consumo di suolo pro-capite pone la Lombardia al 17° posto a livello nazionale, con 291 mq/ abitante, molto sotto la media nazionale di 366 mq. Inoltre, il 70,9% del nuovo consumo è reversibile. Questi dati certificano che, pur essendo la prima regione per numero di abitanti e la prima economia del Paese, stiamo riducendo in maniera importante l’impronta sul territorio».
In Lombardia la prima legge regionale per ridurre il consumo di suolo
La Lombardia è stata la prima regione a dotarsi di una legge per ridurre il consumo di suolo e promuovere la rigenerazione, con obiettivi chiari: -20/25% delle espansioni residenziali al 2025 e -45% al 2030. A dieci anni dall’entrata in vigore, circa 630 Comuni, inclusi Milano e la maggior parte dei capoluoghi, hanno adeguato i propri piani. Le riduzioni registrate sono significative: in media il 29% su 629 Piani di governo del territorio.
«Da parte nostra c’è massima attenzione anche al tema dei fotovoltaici a terra: la transizione energetica va governata con regole chiare per salvaguardare suolo agricolo, natura e paesaggio. In Consiglio regionale stiamo approvando la revisione del Piano territoriale regionale – ha aggiunto l’assessore – uno strumento strategico che rafforza rigenerazione, tutela del patrimonio agricolo-naturale e servizi ecosistemici. Spingiamo inoltre sull’invarianza idraulica e idrologica e sulla de-impermeabilizzazione delle superfici urbane: misure che riducono il rischio idraulico e migliorano microclima, biodiversità e qualità della vita».