Economia

Il successo della banca del territorio: l’intervista al condirettore generale di Banco Bpm

«Per aiutare le idee innovative serve un sistema tra imprenditori, banche e start up, una collaborazione tra la banca che promuove un'iniziativa di qualità e l’imprenditore che supporta i giovani per farli decollare».

Il successo della banca del territorio: l’intervista al condirettore generale di Banco Bpm

Nel 2025 il Pil italiano dovrebbe crescere dello 0,6%, con l’inflazione stabilizzata attorno al 2%. Numeri che raccontano un’economia in espansione ma con dinamiche complesse. Le famiglie faticano a sostenere i consumi, i contesti regionali segnano differenze consistenti e le imprese hanno bisogno di investire, ma il credito resta selettivo. In questo quadro, la prossimità bancaria torna ad avere un valore strategico: conoscere il territorio diventa essenziale per sostenere imprese e comunità, interpretare bisogni specifici e accompagnare lo sviluppo locale.
Ne abbiamo parlato con Domenico De Angelis, condirettore generale di Banco Bpm, che è stato anche ospite del programma “Economia&Territori” su il61 e Telecity. Banco Bpm è uno dei principali gruppi bancari italiani e ha fatto del radicamento territoriale la propria strategia distintiva: con circa 20mila dipendenti, oltre 1.300 sportelli, circa 4 milioni di clienti e una presenza nelle regioni del Nord Italia, tra quelle a più alta concentrazione industriale d’Europa. Negli ultimi 5 anni, la banca ha erogato 100 miliardi di euro in finanziamenti alle imprese, 15 miliardi di mutui alle famiglie, ha contribuito al benessere socioeconomico locale con 800 iniziative ogni anno per supportare i territori, generando al contempo un ritorno superiore al 1.000% per gli azionisti.

Come stanno le banche in questo momento?

«E’ un momento di evoluzioni continue, dalla pandemia alla crisi delle materie prime e oggi i conflitti geopolitici, con inflazione e dazi. Questa però è la prima volta che il mercato italiano si presenta con le carte in regola, abbiamo tra le migliori banche europee, in grado di supportare imprese e famiglie. Guardo il bicchiere mezzo pieno: ci presentiamo a questi cambiamenti con due punti di forza, grande credibilità del nostro Paese nel mondo e imprenditori tra i più resilienti ed elastici, fattori che ci permettono di affrontare queste sfide».

Cosa vuol dire sostegno al territorio?

«Il nostro modello degli ultimi 25 anni è quello di banca del territorio, che sostiene le piccole e medie imprese. Il modello di banca del territorio non è solo uno slogan ma un modello organizzativo: clienti e pmi chiedono la relazione tipica della banca di 30 anni fa, ma per esserlo bisogna delocalizzare e delegare ai colleghi sul territorio, serve quindi una cultura di gestione specifica. Le aggregazioni hanno portato valore nelle banche, con più capitale per essere più solidi. Ma il modello nazionale e internazionale non è l’unico di successo. Dobbiamo soddisfare i clienti con persone che possono decidere e incidere, per questo serve un modello organizzativo come quello che perseguiamo. Tutti ci provano, ma è difficile e oneroso da realizzare, perché bisogna essere presenti sul territorio».

Delegare vuol dire dare responsabilità?

«Essere del territorio non vuol dire non essere efficienti con servizi finanziari evoluti. La differenza è che le strutture centrali devono essere al servizio di quelle territoriali, non impongono linee guida ma seguono i bisogni del territorio. Perché fare banca a Sondrio non è uguale come a Novara. Ma un sistema decentrato è più difficile da gestire e dispendioso di energie. Il decentramento è quello che chiedono i clienti, che sono alla fine coloro che pagano gli stipendi di chi lavora in banca. La digitalizzazione non è contraria al modello di banca locale, ma dobbiamo garantire servizi e competenza a famiglie e imprese».

Come aiutare le nuove attività imprenditoriali?

«Per aiutare le idee innovative serve un sistema tra imprenditori, banche e start up, una collaborazione tra la banca che promuove un’iniziativa di qualità e l’imprenditore che supporta i giovani per farli decollare».

Ma il problema resta l’accesso al credito?

«E’ un tema particolare, che riguarda modelli operativi e comportamentali. Oggi siamo nel sistema bancario europeo, quello voluto dalla Bce, ed è un vantaggio perché abbiamo realtà solide, con capitali e liquidità per finanziare. Ma bisogna capire che abbiamo sistemi economici molto diversi: non possiamo avere le stesse regole per la Francia e l’Italia, che hanno due tessuti economici totalmente diversi. Noi banche dobbiamo avere più coraggio e dare più valore ad elementi soggettivi rispetto a quelli solo oggettivi».

E come vanno aiutate le famiglie?

«Noi abbiamo in Italia il grande problema dei salari reali. Dobbiamo smettere di parlare di quello che dovrebbero fare gli altri e pensare a quello che possiamo fare noi. Sono orgoglioso, ad esempio, del fatto che il mondo delle banche ha rimodulato i contratti dei dipendenti. Se le banche vanno bene è corretto che si paghino bene i dipendenti. Noi vogliamo dare valore a tutti gli attori e tra i primi ci sono i dipendenti e i clienti».

Cresce il risparmio ma gli italiani hanno perso fiducia?

«Il risparmio italiano è cresciuto anche perché siamo il Paese che risparmia di più al mondo. La diversificazione degli investimenti veniva vista prima con diffidenza e paura, ma oggi è cresciuta. Certo le regole europee sono molto stringenti e i controlli non mancano. Ma dobbiamo ricordare che il risparmio crea risparmio».

E dove dovremmo mettere i nostri risparmi?

«Sul risparmio delle famiglie oggi il sistema bancario e finanziario italiano è molto efficiente. Il problema vero è il reddito: tutti insieme dobbiamo far crescere il reddito delle famiglie perché è da quello che dipende il risparmio o la rata del prestito. Se il mutuo si porta via tutto lo stipendio di cosa vive una famiglia? Il carrello della spesa costa molto di più ma i redditi sono sempre quelli. Quindi dobbiamo contribuire a far crescere i redditi, valorizzare chi assume e chi paga bene i propri dipendenti».