Cultura

Al Museo del Cinema di Torino la mostra Manifesti d’artista fino a febbraio

Attraverso le opere di questi autori, occasionalmente prestati alla promozione cinematografica, si percepisce la vivacità culturale degli anni in cui hanno vissuto e operato.

Al Museo del Cinema di Torino la mostra Manifesti d’artista fino a febbraio

«Manifesti d’Artista», a cura di Nicoletta Pacini e Tamara Sillo, è la nuova mostra visitabile al Museo del Cinema di Torino fino al 22 febbraio.

Al Museo del Cinema di Torino la mostra Manifesti d’artista aperta fino a febbraio

Sono in tutto 10 i manifesti di grande formato che vanno dal muto al sonoro, ai quali si aggiunge la brochure realizzata da Guttuso per il lancio del film «Riso Amaro» di Giuseppe De Santis, a formare il corpo della mostra allestita al Museo del Cinema di Torino. Allestita al piano di accoglienza della Mole Antonelliana, le opere in mostra provengono dalle Collezioni del museo, veri e propri gioielli nascosti, nella maggior parte dei casi esposti per la prima volta. La loro particolarità è di essere incursioni nella cartellonistica cinematografica ad opera di artisti capaci di trasformare l’affisso pubblicitario in opera d’arte a sé stante. Grazie a questi autori, i manifesti assumono un’autonomia artistica che prescinde dai film per cui sono stati realizzati. Dietro ogni manifesto c’è la mano di un artista eclettico, capace di trasformare in tratto grafico la propria grande creatività. Attraverso le opere di questi autori, occasionalmente prestati alla promozione cinematografica, si percepisce la vivacità culturale degli anni in cui hanno vissuto e operato.

«Per diversi decenni i manifesti erano l’unico modo per attrarre il pubblico al cinema, se si escludono i grandi divi – sottolinea Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema – e il rivoluzionario fermento culturale dei primi anni del Novecento ha favorito questa commistione tra le arti. Era un nuovo modo di raccontare e raccontarsi, di entrare in contatto e di comunicare, di trovare nella trasversalità dell’esperienza artistica una nuova voce. Il nostro museo ha un considerevole numero di manifesti, quasi 540mila, e molti sono pezzi rari e preziosi. Con questa mostra vogliamo dare, ancora una volta, risalto alla ricchezza delle nostre collezioni e all’unicità dei nostri materiali, oltre ricordare tutti coloro che qui al museo si adoperano per la conservazione del nostro patrimonio».

Il piano zero della Mole diventa una galleria d’arte

«Con “Manifesti d’Artista” il piano zero della Mole Antonelliana si trasforma in una piccola, sorprendente, galleria d’arte – continua Carlo Chatrian, direttore del Museo Nazionale del Cinema. Da un’intuizione delle conservatrici Nicoletta Pacini e Tamara Sillo nasce l’idea di esplorare le contaminazioni tra la cartellonista e l’arte pura. Se il manifesto nasce per promuovere la visione del film, in questi dieci gioielli, grazie alla visionarietà e creatività di artisti, esso si libera da quel legame e chiede di essere ammirato come opera a se stante. Nella bellezza e delicatezza del tratto, nella potenza della composizione, nell’esplosione die colori ma anche nella loro fragilità, essendo realizzati su una leggerissima carta che evidenzia più ancora della pellicola il passaggio del tempo».

Alcuni celebri nomi

In mostra ci sono opere di pittori celebri come Rodčenko, Prampolini, Guttuso e Baj. A loro si uniscono personaggi eclettici come il disegnatore satirico e scrittore Scarpelli o come Toddi, che nella sua stravagante vita ha fatto anche il regista e produttore per un paio di anni, disegnandosi bellissimi manifesti. E ancora Vera D’Angara, attrice-illustratrice russa che in Italia trova amore e spazio per la sua creatività. Il Futurismo degli anni Dieci del Novecento si manifesta nelle esplosive e colorate creazioni di Scarpelli per il film Il sogno di Don Chisciotte così come nell’elegante esecuzione di Prampolini per Thaïs, considerato l’unico film italiano futurista sopravvissuto. Con Toddi e Vera D’Angara, coppia di artisti fra le più originali della storia del cinema e dell’illustrazione, si gode della raffinatezza grafica degli anni Venti votata alla piacevolezza estetica. Lontano da ogni cedimento estetico ma, al contrario, manifestazione di un chiaro messaggio politico è il celebre manifesto de La corazzata Potëmkin ideato dal russo Rodčenko, fondatore del Costruttivismo. Un affisso di grande potenza visiva, rarissimo, considerato fra i più emblematici della fusione fra cinema e arte. Se la stagione del cinema muto è testimoniata da opere così rappresentative, anche l’epoca del sonoro ha avuto i suoi manifesti d’artista. I registi Giuseppe De Santis, Francesco Rosi, i fratelli Taviani hanno scelto di affidare ai pittori Guttuso e Baj la realizzazione di materiali pubblicitari che, uscendo dai canoni tradizionali della promozione cinematografica, divengono interpretazioni personali e autoriali. Arte e cinema camminano parallelamente, a volte si incontrano, si scambiano i ruoli, raccontando quella ricerca di sperimentazione che in realtà è una potente affermazione artistica.