L'intervista

La Fondazione Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale ha compiuto 20 anni di attività

«I nostri obiettivi - risponde il presidente Frugis - sono quelli di investire sempre più nell’internazionalizzazione, nella destinazione di fondi alla ricerca scientifica e nella divulgazione dei contenuti culturali, anche per il grande pubblico. Non ultimo, l’avvio dell’importante progetto per la realizzazione del nuovo polo scientifico di diagnostica, ricerca e innovazione del Centro con l’ambizione di diventare punto di riferimento non solo per il Nord Italia, ma anche per l’intero mondo scientifico internazionale impegnato nella conservazione dei beni culturali».

La Fondazione Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale ha compiuto 20 anni di attività

Vent’anni di studi, di ricerche, di passione, di dettagli svelati, di patrimoni tutelati. Il Centro Conservazione e Restauro «La Venaria Reale», nato il 21 marzo 2005 come Fondazione, a distanza di 20 anni è considerato uno dei principali poli del restauro in Italia e riferimento nel panorama internazionale della cultura. La sua attività si muove lungo le quattro macro-direttrici della conservazione e restauro, della scienza, della formazione e della documentazione; ha al suo interno nove laboratori di restauro, laboratori scientifici e la scuola di alta formazione con il corso di laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università di Torino.

La Fondazione Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” ha compiuto 20 anni di attività

Si deve a loro se la Cappella rupestre di Ellesiya, il più antico tempio rupestre della Nubia, è oggi visitabile con accesso gratuito dal Museo Egizio di Torino, per esempio.

«Siamo nati sostenendo il valore scientifico del restauro e dei professionisti della conservazione, abbiamo plasmato il nostro lavoro sulla collaborazione costante tra discipline e saperi diversi – dichiara Sara Abram, segretario generale del CCR – e abbiamo cercato di trasferire questa visione all’interno della nostra missione formativa ed educativa. Allo stesso tempo, l’intervento sulle opere è diventato anche l’opportunità di un racconto diverso sull’arte e sui suoi fruitori, ha attivato il dialogo sui valori della cultura e della memoria, ha innescato nuovi interrogativi sviluppando tecniche e tecnologie, ha posto al centro la capacità analitica, la riflessione critica e l’aspirazione a offrire una soluzione: grazie a tutto questo siamo cresciuti vent’anni e siamo pronti per crescere ancora».

Il lavoro importantissimo sui fondi archivistici e bibliografici

Il Centro, inoltre, sviluppa e conduce attività di studio e valorizzazione di fondi archivistici e bibliografici, mettendo a disposizione le informazioni sui propri interventi (consultabili online dal sito della Fondazione) e sostenendo campagne di studio, catalogazione e digitalizzazione di archivi che sono stati donati al Centro. Di questi il più importante è il patrimonio fotografico dell’Archivio Pinin Brambilla Barcilon, oggetto entro il 2025 di un importante convegno internazionale.
Ma cosa significa restaurare un’opera?

«Significa prendersi cura della storia, consapevoli che ogni nostro intervento, piccolo o grande che sia, rappresenta un ponte tra passato e futuro e un fondamentale impegno per la collettività e per le generazioni che verranno – risponde Alfonso Frugis, presidente del CCR – Portiamo avanti questa missione con un forte senso etico e sociale e con la volontà di coinvolgere quante più istituzioni, organizzazioni internazionali, imprese e privati cittadini che condividono i nostri ideali nella tutela dei beni culturali».

Il Centro è il luogo in cui restauratori, storici dell’arte e scienziati (chimici, fisici, diagnosti dei beni culturali ed esperti di scienze naturali) sono impegnati in attività di ricerca e progettazione, conservazione, restauro, diagnostica, didattica e divulgazione.
Insomma, un lavoro di squadra.

«Un po’ come accade in ambito medico, tutti i manufatti che arrivano al Centro vengono sottoposti, prima degli interventi di restauro, a un piano  diagnostico – spiega Federica Pozzi, direttore dei laboratori scientifici – ossia a una serie di indagini scientifiche che si avvalgono di strumentazione all’avanguardia, basata sull’utilizzo di luce infrarossa, ultravioletta, laser e raggi X, per studiare i materiali e le tecniche degli artisti, per comprendere come un’opera è stata creata, ricostruirne la storia e valutarne lo stato di conservazione».

La strumentazione all’avanguardia unica in Italia

Al Centro esiste, ad esempio, un bunker dove è installato un apparato radio-tomografico unico in Italia che permette di effettuare radiografie digitali e tomografie computerizzate su manufatti di grandi dimensioni (fino a 2 metri di altezza per le Tac).
Nel loro complesso, queste tecniche consentono di vedere “oltre” ciò che normalmente si vede a occhio nudo: nel caso di un dipinto è possibile visualizzare il disegno preparatorio, studiare la composizione chimica dei singoli strati pittorici e della vernice superficiale, verificare la presenza di “pentimenti” o modifiche apportate dall’artista e di ridipinture successive.
Nel caso di un oggetto tridimensionale, attraverso la tomografia è possibile visualizzare la struttura interna, esaminare le tecniche di assemblaggio e valutare alcune problematiche conservative che non sarebbero visibili con una sola osservazione visiva. Vengono raccontate, attraverso la scienza, le tante vite dell’opera e le vicissitudini che l’hanno condotta fino a noi.
Gli storici dell’arte e le figure umanistiche partecipano ai progetti di restauro facendo studi e ricerche sulla natura e l’origine dei manufatti, su chi li ha posseduti, chi li ha restaurati prima di noi e sulle vicissitudini che hanno dovuto attraversare nel corso dei secoli: documentando la storia delle opere d’arte, mantengono vivo il collegamento tra il passato e il futuro dei nostri beni culturali.

«La nascita del CCR ha coinciso anche con un importante cambiamento nella figura del restauratore, che viene riconosciuto come attore cardine nel campo dei beni culturali, inaugurando un nuovo modello della professione – spiega Michela Cardinali, direttore dei laboratori di restauro e della scuola di alta formazione – L’obiettivo finale del nostro lavoro è quello di lavorare in termini di prevenzione e di programmazione della conservazione, andando verso la sostenibilità reale, oggi più che mai necessaria».

Oltre alla Cappella di Ellesiya anche le serigrafie di Warhol e il Bucintoro dei Savoia

Qualche altro esempio di lavori effettuati oltre al restauro della Cappella rupestre di Ellesiya? Le serigrafie Marilyn Monroe di Andy Warhol; le mummie egizie e il Gabinetto cinese di Palazzo Graneri, così come una Fiat 500 dipinta da Antonio Carena, carrozze regali e ascensori antichi, il Bucintoro dei Savoia o un dipinto di Kandinsky. Lo scorso 21 ottobre 2024, invece, è stato inaugurato il progetto di riqualificazione dell’Africa Hall, a Addis Abeba, in Etiopia, un importante progetto di collaborazione internazionale sulla grande opera Floral Mural (160 metri quadrati di pannelli murali dedicati alla diversità della flora africana), realizzata nel 1961 dall’artista savonese Nenne Sanguineti Poggi. E a inizio 2025 un gruppo di professionisti del CCR è tornato in Etiopia per preservare il patrimonio storico e culturale dell’Università di Addis Abeba insieme al Politecnico di Torino.  Esemplare anche il cantiere di restauro della pavimentazione della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, in concomitanza con lo scavo archeologico condotto dall’Università di Roma La Sapienza. Avviato nel 2022 e giunto alle fasi finali, è un cantiere dall’altissimo valore storico e simbolico, che racconta Oriente e Occidente e coinvolge i rappresentanti delle tre chiese cristiane: cattolici, armeni e ortodossi.
Intanto, a metà agosto ha preso il via il nuovo progetto di conservazione preventiva della Sala d’Armi del Museo Poldi Pezzoli di Milano che ospita oltre 500 pezzi tra armi e armature, a cura del Centro e che si concluderà a breve.
E per il futuro?

«I nostri obiettivi – risponde il presidente Frugis – sono quelli di investire sempre più nell’internazionalizzazione, nella destinazione di fondi alla ricerca scientifica e nella divulgazione dei contenuti culturali, anche per il grande pubblico. Non ultimo, l’avvio dell’importante progetto per la realizzazione del nuovo polo scientifico di diagnostica, ricerca e innovazione del Centro con l’ambizione di diventare punto di riferimento non solo per il Nord Italia, ma anche per l’intero mondo scientifico internazionale impegnato nella conservazione dei beni culturali».