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Il vicepresidente del Partito Popolare Europeo Salini: "All'Ue serve una difesa comune"

«Se la politica estera viene condotta con equilibrio come sta facendo il ministro Antonio Tajani, per l’Italia c’è speranza di sedersi al tavolo di chi guida i processi politici; se, invece, prevale l’eccessiva prudenza si rischia di essere marginalizzati. Dobbiamo essere chiari: ogni tentennamento su questi argomenti rischia di danneggiare seriamente prima l’Italia e poi l’Europa».

Il vicepresidente del Partito Popolare Europeo Salini: "All'Ue serve una difesa comune"
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"All'Ue serve una difesa comune": l'intervista al vicepresidente del Partito Popolare Europeo Massimiliano Salini.

Intervista a Massimiliano Salini, vicepresidente del Partito Popolare Europeo

Trovare un momento di pausa per riuscire a porgli qualche domanda in questi giorni concitati non è stato facile, ma per il “Corriere dei Territori” si è reso disponibile. E con noi Massimiliano Salini, vicepresidente del Partito popolare europeo, esponente di Forza Italia ed eurodeputato da una decina d’anni ha parlato senza remore, affrontando i maggiori temi di stretta attualità, dalla pace in Ucraina al riarmo e all’esercito europeo, sino ai richiami del Papa e alla guerra dei dazi innescata dal presidente Usa Donald Trump.

Riarmo ed esercito europeo. La presidenza Trump ha probabilmente velocizzato scelte di cui, pensiamo soprattutto all’esercito europeo, si parlava da anni. Come si pone il Partito popolare europeo di fronte a queste prospettive, considerato anche il non facile dibattito interno? Quali dovrebbero essere i passi successivi?

«Il processo è avviato. È quello di intensificare gli investimenti per la difesa e aumentare il livello di coordinamento per una difesa europea sempre più unita. Il perché si spiega con l’aumento dell’aggressività russa contro l’Europa. Russia che non si limita a sabotare il processo di unità europea con le migliaia di morti in Ucraina ma anche con interventi subdoli attraverso la rete, come abbiamo visto in occasione delle recenti elezioni in Moldavia e in Romania. Poi c’è il monito che arriva dagli Usa per investimenti maggiori nella nostra difesa. È indispensabile aumentare gli investimenti e la governance tra i 27 Paesi membri, con esercitazioni condivise della Nato. Il tema è creare le condizioni per una difesa forte, unico modo per evitare una guerra».

Eppure Papa Francesco, anche da un letto di ospedale, continua a fare richiami contro l’eccessiva corsa al riarmo. È dei giorni scorsi la sua lettera aperta pubblicata con evidenza sul maggiore quotidiano italiano.

«La Chiesa cattolica dice che la pace non si costruisce con le armi, ma nel compendio della Dottrina sociale della Chiesa, all’articolo 500 e seguenti, si parla di dovere alla difesa e include tra i doveri la difesa armata. Il punto è che la difesa sia proporzionata all’offesa. La pace non si costruisce con le armi, si costruisce con il dialogo, ma uno Stato aggredito ha il dovere di organizzare la difesa anche usando la forza delle armi. Quello che sta accadendo oggi in Europa è esattamente quello che è accaduto negli anni Cinquanta in Corea, quando con l’aiuto dell’Urss la Corea del Nord invase quella del Sud. È in quell’occasione che Alcide De Gasperi pose le basi per una Comunità europea della difesa. È quella la strada da seguire».

Aggressione della Russia all’Ucraina: l’Europa sta tenendo il punto sull’integrità territoriale di una nazione aggredita, mentre Trump sembra vederla diversamente: pensa che alla fine la posizione si potrà difendere?

«È molto difficile dirlo ora. Ritengo sbagliato l’approccio di Trump perché la narrazione che Putin ha ormai vinto indebolisce l’Occidente, così come è sbagliatissimo dire che non c’è nessuna speranza per l’Ucraina di mantenere l’integrità territoriale ed entrare nella Nato. Certe cose si possono pensare ma non si devono dire apertamente altrimenti si indebolisce il negoziato».

Cambiando argomento, ma restando alla stretta attualità, sempre la presidenza Trump ha portato a nuovi dazi, alcuni già applicati altri per il momento soltanto minacciati. L’Europa ha risposto per il momento in modo unanime, ma già pare di intravedere corse in avanti per accordi unilaterali, lei come la vede?

«I dazi penalizzano tutti, a partire dagli Usa. Se è un tentativo di recuperare la forza economica è illusorio; già nel primo mandato di Trump il risultato dei dazi fu deludente: in pratica portò semplicemente a un cambio dei fornitori. Perché la manifattura statunitense è disarticolata da molti decenni e le filiere produttive interne sono cambiate in peggio. La via dei dazi già in passato si è mostrata dunque inadeguata perché produce inflazione interna e un aumento dei tassi di interesse che è grave per un Paese come gli Usa. Sono del parere che certe provocazioni del presidente Trump possono portare danni anche internamente. Sta di fatto che per un Paese esportatore come l’Italia la fase attuale genera grande preoccupazione. Prima di subire è quindi indispensabile sedersi intorno a un tavolo e vedere reciproci danni e reciproci vantaggi. Possiamo dare una mano a rilanciare la manifattura in Usa e lavorare in Europa per salvaguardare le relazioni politiche ed economiche con gli Stati Uniti; diversamente l’alternativa sarebbe una dipendenza dalla Cina. Non nascondo il fatto che il rischio c’è».

Al di là degli argomenti toccati, quali sono le scelte non più rinviabili nei prossimi anni per consentire all’Europa di riconquistare un ruolo di prestigio nel panorama mondiale, ruolo che oggi pare marginale?

«In primo luogo l’Europa deve continuare sulla strada della difesa unitaria, deve portare in primo piano nell’agenda politica il monito di De Gasperi del 1951. Occorre poi una strategia industriale condivisa ricercando un’autonomia strategica per non dipendere dagli Usa, ma avendo sempre come baricentro gli Stati Uniti d’America. Occorre poi rivedere le politiche legate al Green Deal, perché la vera sostenibilità si accompagni alla competitività e agli investimenti. Bene sta facendo la Germania che modifica la Costituzione per non essere obbligata ad avere il pareggio di bilancio. Quel debito può essere volano per la politica europea».

La Germania cambia la Costituzione per poter spendere di più per gli armamenti; l’Italia viceversa come si pone dopo le divisioni della maggioranza sul disarmo europeo e i vari distinguo delle forze politiche che governano il Paese?

«Se la politica estera viene condotta con equilibrio come sta facendo il ministro Antonio Tajani, per l’Italia c’è speranza di sedersi al tavolo di chi guida i processi politici; se, invece, prevale l’eccessiva prudenza si rischia di essere marginalizzati. Dobbiamo essere chiari: ogni tentennamento su questi argomenti rischia di danneggiare seriamente prima l’Italia e poi l’Europa».

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