Prodotti agricoli e super dazi Usa: quali sono i rischi
Per la Cia i dazi farebbero saltare l11% di tutto l'export agroalimentare.

Si avvicina il termine entro cui dovrebbero partire gli annunciati dazi Usa sui prodotti agricoli che dalle nostre zone vengono esportati in America.
Prodotti agricoli e super dazi Usa: quali rischi?
La clessidra è stata girata e la sabbia ha cominciato a scendere. E il tempo a scorrere. Il tempo che ci separa dall’introduzione dei dazi statunitensi sui prodotti agricoli italiani ed europei. Donald Trump ne ha dato l’annuncio ufficiale nei giorni scorsi sul suo social Truth rivolgendosi agli agricoltori americani: scatteranno il 2 aprile (sempre che il presidente Usa non cambi idea come ha fatto con i dazi per Canada e Messico...), ma non ha fornito ulteriori dettagli sui settori che saranno colpiti o se ci saranno delle eccezioni.
Coldiretti prevede un calo sicuro delle vendite
Una sciagura o un’opportunità? Una disgrazia o un’occasione? Le voci che tendono verso la prima affermazione sono numerose. A cominciare da quella della Coldiretti, secondo la quale «un dazio del 25% sulle esportazioni agroalimentari Made in Italy negli Usa potrebbe costare ai consumatori americani fino a 2 miliardi di euro in più, con un sicuro calo delle vendite». Un gran peccato visto il periodo favorevole: nel 2024 le esportazioni di cibo Made in Italy negli Stati Uniti hanno fatto segnare il valore record di oltre 7,8 miliardi di euro con un incremento del 17% annuo, e gli Usa hanno scalzato, seppur di poco, la Francia dal secondo gradino del podio dei paesi di destinazione del nostro export agroalimentare. L’Ufficio Studi di Coldiretti ritiene che se i dazi dovessero interessare l’intero settore agroalimentare, il costo stimato per le singole filiere sarebbe di quasi 500 milioni solo per il vino, circa 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta, 120 milioni per i formaggi.
"L'imposizione di dazi aprirebbe uno scenario preoccupante"
«L’imposizione di dazi sulle nostre esportazioni aprirebbe uno scenario preoccupante, tanto più in considerazione dell’importanza che il mercato statunitense ha per le nostre produzioni agroalimentari e non solo – ha rilevato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini -. Negli Usa l’agroalimentare italiano è cresciuto in valore del 17% contro un calo del 3,6% dell’export generale, confermando ancora una volta che il cibo italiano è un simbolo dell’economia del Paese. Per questo crediamo che debbano essere messe in campo tutte le necessarie azioni diplomatiche per scongiurare una guerra commerciale che danneggerebbe cittadini e imprese europee e americane».
E' d'accordo anche il presidente di Cia-Agricoltori italiani, Cristiano Fini
Dello stesso avviso anche Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani: «L'imposizione di nuovi dazi doganali infliggerebbe danni alle imprese e ai produttori. Rischierebbe di far saltare l’11% di tutto l’export agroalimentare italiano (più di 69 miliardi), con un impatto economico devastante sulle eccellenze del Made in Italy. Il rischio è ben peggiore rispetto ai dazi del 2019, che ebbero effetto solo per un anno e furono imposti al 10%, mentre adesso si ipotizza un possibile 25% e potrebbe interessare tutto il mandato presidenziale di Trump».
Tra i vari comparti, il più penalizzato potrebbe essere quello del vino: secondo l’Uiv, l’Unione italiana vini, i dazi potrebbero costare quasi un miliardo di euro nel valore dell'export di vino italiano. Se poi Trump dovesse davvero portare il dazio sui vini europei al 200% come minacciato...
L'assessore lombardo Beduschi invece la pensa in un altro modo
La pensa diversamente l'assessore regionale all'Agricoltura Alessandro Beduschi, reduce proprio da una missione a New York dove la Lombardia ha esposto le sue migliori etichette di vino.
«Grazie alle caratteristiche di eccellenza dei prodotti italiani e lombardi, il nostro sistema potrebbe affrontare questa sfida con successo - ha sottolineato Beduschi - I prodotti di qualità, destinati a una nicchia meno sensibile alle variazioni di prezzo, potrebbero persino trovare nuove opportunità in un mercato complesso come quello americano». Insomma, per scongiurare le ripercussioni dei dazi americani si deve puntare sull'eccellenza del nostro agroalimentare perché sulla qualità non abbiamo rivali al mondo. E il consumatore che spende tanto, può sostenere anche un aumento di prezzo». Intervistato da “Il Giornale”, ha infatti ribadito: «Il consumatore di Grana Padano non andrà al discount, ma continuerà ad acquistarlo anche con un aumento di aliquota».
I ruoli del Canada e della Cina
Inoltre, c’è da considerare che i dazi toccheranno altri Paesi dove gli interessi delle nostre imprese alimentari sono particolarmente forti. Ci riferiamo, in particolare, al Canada. Se, come tutto sembra propendere, venissero introdotte le restrizioni commerciali da parte degli Stati Uniti e il Canada decidesse di imporre tariffe di ritorsione verso gli Usa, l’Italia avrebbe gioco facile a presentarsi come potenziale fornitore alternativo, approfittando delle tensioni tra Ottawa e Washington. Sul mercato canadese, infatti, noi abbiamo una presenza consolidata con 1,5 miliardi di esportazioni di prodotti alimentari, in terza posizione dopo Stati Uniti e Messico, con incrementi significativi negli ultimi anni soprattutto per i prodotti vitivinicoli.
E lo stesso potrebbe valere per la Cina che, nei giorni scorsi, in risposta alle imposizioni di Trump, ha stabilito dei dazi tra il 10 e il 15% sui prodotti agricoli provenienti dagli Stati Uniti. L’export agroalimentare dell’Italia verso la Cina si attesta attorno ai 18 miliardi di euro, con potenzialità di crescita di tutto rilievo. Vini, olio d’oliva, lattiero-caseari e salumi, i prodotti più richiesti.